Ciaffarri, Giuseppe
Almeno 2 periodici in lingua italiana pubblicati su questo nome (vedere sul sito Bettini).
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L’Alleanza libertaria
A proposito del colera
« Alcune sere fa, il fratello di Mons. Pasquale Gagliardi che fu a Vico per la cresima, ha scritto che in Basilicata (è medico sanitario colà) su 17 casi ci sono stati 7 decessi. Il suddetto vescovo qualche settimana fa ricevette da cos à n tizia che vi è ìl colera…
Così scrive il compagno M. A. da Vico Garganico in una corrispondenza inviata all’Alleanza e pubblicata nel numero 123.
Che il colera sia nel Mezzogiorno o che venga a farci visita periodicamente in Italia ogni anno, non è certo una cosa che deve meravigliarci. A parte la sua potenza infettiva e la propagazione, di esso nelle varie regioni dell’Europa, per il proletariato non rappresenta, invero il flagello più grande da temere, nè la sola falce distruttrice delle massi lavoratrici.
Altri colera, altre malattie ben più gravi sono, taciute, dai pennaiuoli salariati della borghesia, capitalista ; neppure la peste bubbonica ha fatto o farà sì grandi stragi in seno del popolo, quanto ne fa la tubercolosi, la miseria e l’ingorda speculazione degli industriati, ferocemente sfruttatori della classe dei salariati.
In questi giorni si parla di colera ; si ricordano i tempi calamitosi delle stragi avvenute qualche anno fa ; ad ogni istante si chiacchiera d’igiene ; tutti i nostri buoni borghesi parlano e descrivono i mezzi, che possono assicurare il trionfo sul colera e l’estensione dell’igiene ; molti fanciulli, moli adulti muoiono — dicono essi — più che non lo dovrebbero parche l’igiene, la pulizia fa loro difetto ; e buon numero’ di questi cari e buoni filantropi fanno sembiante di un gesto eroico, che deve portare ai lavoratori il rimedio supremo che manca, ed i comforts che la società nega a quest’ultimi.
Intanto, l’operaio, filma tranquillamente la sua pipa, ed aspetta calmo e sereno che i suoi padroni gli portino il rimedio sovrano ed igienico che deve sbarazzarlo della malattia contagiosa e di cui, quasi sempre, è affetto. Ma attenderà chissà per quanto tempo ancora, forse più dell’ebreo cosciente, che si corica la sera sperando di vedere, nello svegliarsi, la mattina poi, l’arrivo del novello Messia.
Poi che i prodi e valenti coltivatori dell’igiene, scicchemente vestiti, in redingote nera, in tuba e guanti, non sognano che una cosa, e cioè di far fiorire la propria bottoniera di qualche rosetta, croce o commedia. In quanto alla saluto degli operai e delle loro famiglie ci pensano talmente poco, che non varrebbe neppure la pen di parlarne. Quando così sarà, vedrete i monti della Svizzera coronati di palmizi e Morgari dividere con Sabbatini la presidenza di un’assemblea anarchica.
Quelli che parlano di colera e d’igiene, gli eroi e he si fanno stampare a grossi caratteri i nomi sui giornali o sui manifesti che parlano della sanità pubblica hanno ben altre faccenduole da sbrigare. Infatti, durante il tempo che essi vanno in automobile, danno appuntamento nei sontuosi saloni della prostituta in voga X… ; camminano sui tappeti della casa di una contessa Trigona qualsiasi, abitano i migliori palazzi delle città, consumano le derrate alimentari della migliore marca, bevono i vini ed i liquori i più prelibati, cosa passa negli abituri e nella quotidiana vita dei lavoratori ?
Essi alloggiano nelle soffitte o nelle cantine, ove l’aria è mefitica e soffocante, in miseri ricettacoli ove delle famiglie numerose sono ammonticchiate o serrate come le sardine in una scatola di latta ; la più parte in quartieri dove le strade sono strettissime e costantemente mal tenute e sudicie, dove il sole è in licenza permanente ; degli odori nauseabondi emanano dalle chiaviche e dalle latrine ammorbando l’aria per ogni dove ; insetti di tutte categorie vi si sono, dati appuntamento a centinaia di migliaia ; l’umidità copre e stilla da tutti i muri come se questi fossero là ad incalanare l’acqua di un acquedotto ; e, se qualche povero diavolo affitta un appartamento un pochino più confortabile, è obbligato di pagare una locazione eccessivamente cara, od una imposta mobiliaria 10 o 21 volte superiore ai suoi fiorai di guadagno.
Ne risulta, che gli operai sono miserabilmente male alloggiati e che l’igiene, per la classe dei paria è semplicemente un mito. Ma un’altra piaga esiste, e non meno grave. L’igiene non concerne soltanto gli appartamenti ; ed il nutrimento, il vestito, lo sforzo eccessivo del lavoro non fanno parte ancor essi dell’igiene ?
Ebbene, parliamoci schiettamente, un operaio può nutrire la sua famiglia ed abbigliarla confortabilmente ? Noi diciamo ; no ; siamo operai ancor noi, e sappiamo quel che vogliamo dire.
Di tanto in tanto, dei signori dai nomi altisonanti, gli uni più celebri degli altri, si riuniscono in congressi e discutono e propongono provvedimenti per l’igiene pubblica. A questi congressi, il punto culminante è il banchetto di chiusura con relativo sopraluogo nei bordelli locali, o nei ritrovi notturni, dove i congressisti geni conducono i colleghi venuti dal di fuori per lasciare qualche centinaio di franchi sotto il rastrello del biscazziere o nelle tasche delle « cocottes ».
Ma che fa intanto ! L’ordine o gli ordini del giorno sono votati. Si penserà all’igiene dei bambini nelle scuole ; dimenticando ad arte che il bambino, mal nutrito, mal vestito avrebbe piuttosto bisogno che nella casa trovasse di che vivere ed i comforts di cui manca e che i genitori non possono assolutamente procurargli.
Ci vuol ben altro che votare un ordine del giorno !
Tutto ciò che la borghesia fa o si propone di fare non è altro che del puro ciarlatanismo, per meglio beffarsi dei lavoratori ed al solo scopo di mantenere i suoi privilegi.
Il proletariato deve, o dovrebbe avere una mentalità più rischiarata ; dovrebbe essere più cosciente dei suoi diritti invece di sottostare idiotamente e tutti i giorni ai molteplici doveri che la nazione gli impone con i suoi codici e le sue leggi. Egli dovrebbe imporsi une solo di questi doveri : quello di difendersi dalle iniquità sociali ed organizzarsi su tutti quei terreni atti alla difesa della vita.
Operai dei campi, delle miniere, di tutte le industrie, comprendete una volta per sempre, chela classe capitalista ha degli interessi tutt’affattop opposti ai vostri ; che la borghesia fabbrica sempre delle armi nuove per combatterci, e che non è soltanto il colera la terribile epidemia che bisogna temere di più.
Se voi riflettete ai casi vostri, tutto ciò che avverrà di peggio, dalla tubercolosi alla morte per consunzione, dalla miseria all’indebolimento fisico per gli pprechi d’energia in un lavoro snervante di molte ore e male retribuito, i mali saranno maggiori e senza speranza di guarigione.
E, se supini, bestialmente offrite il aereo ed i fianchi ai colpi degli sfruttatori, non vi lagnate. È giusto che voi ne riceviate ancora i più terribili, colpi.
L’igiene è un grande e vasto problema che si risolverà soltanto quando la classe che detiene il potere, l’autorità ed i frutti della produzione, sarà sparita dalla terra.
Il vero colera è la borghesia. Essa infetta il popolo peggio della peste ; è ad essa che dovrebbe riservarsi il cloruro di calcio e l’acido fenico.
Sono tante le vittime mietute da questa accozzaglia di briganti, che spaventa soltanto l’idea di mostrarne l’elenco di un’annata.
Riflettete, ripeto, e se credete che io abbia torto tanto, peggio per voi : « Chi pecora si fa, il lupo la divora ! »
Sante Ferrini
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 131 (17 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Autodifesa di Ravachol
Se io prendo la parola, non è già per scollatimi degli alti di cui mi, si accusa, perchè solo la società che con la sua organizzazione mette gli uomini in lotta continua gli uni contro gli altri, è responsabile : e infatti non si vedono oggi in tutte le classi delle persone che desiderano, non dirò la morte ; perchè ciò suona male all’orecchio, ma la disgrazia dei loro simili, de questa può recare vantaggio ? Una padrone non fa egli voti perchè un suo concorrente scompaia ? e in generale tutti i commercianti non vor ebbero essere soli ad esercitare il loro ramo di commercio ? e l’operaio senza impiego non augura — per avere del lavoro — che per un motivo qualunque, quello che è occupato venga licenziato dall’opificio ?
Ebbene, in una società in cui producono fatti simili, non si deve essere sorpresi di atti del genere di quelli che mi si rimproverano, i quali non sono che la conseguenza logica della lotta per l’esistenza che si fanno gli uomini, costretti, per vivere, ad impiegare ogni specie di mezzi.
E poiché ciascuno è per sè, e quando è stretto dalla necessità non ha tanto di pensare, così io non ho esitato, quando ebbi fame, ad impiegare i mezzi che erano’ a mia disposizione, a rischio anche di fare delle vittime.
I padroni che licenziano degli operai, si inquietano se questi vanno a morire di fame ? Tutti quelli che hanno del superfluo si occupano della gente che manca il necessario ? V’hanno taluni che danno dei soccorsi, ma essi sono impotenti a sollevare tutti quelli che sono nella necessità e che morranno prematuramente in seguito ad ogni sorta di privazioni o volontariamente col suicidio, per mettere fine ad una esistenza miserabile e non aver più a soffrire la fame, le vergogne, lo umiliazioni innumerevoli, senza la speranza ch’esse finiscano.
Coni hanno fatto la famiglia Hayem o la donna Soubeim, che diede la morte ai suoi bambini per non vederli più a longo soffrire ; e cosi fanno tante donne che nella tema di non poter nutrire un bambino, non esitano a compromettere la vita e la salute pur di distruggere nel loro sono il frutto del loro amore.
Il tutto questo avviene in Francia deve regna l’abbondanza, dove le macellerie sono piene di carne, le panetterie di pane ; dove le vesti e le calzature sono ammassate nei magazzini, dove vi hanno appartamenti vuoti ; ma come ammettere che tutto va bene nella società, quando il contrario si vede così chiaro ?
Ci saranno colore che piangono queste vittime, ma poi diranno che essi non ne hanno colpa, o che ciascuno se la sbrogli come può, Ma che cosa può fare colui che manca del necessario, se non ha più lavoro, non ha che a lasciarsi morire di fame. Si getterà qualche parola di pietà sul suo cadavere, e tutto sarà finito. Ora io questo ho voluto lasciare ad altri ed ho preferito di farmi contrabbandiere, falso monetario, ladro o uccisore, assassino. Avrei potuto mendicare, ma ciò è degradante e vile : e ancora é punito dalle vostre leggi, che fanno un delitto della miseria.
Se tutti i bisognosi invece di attendere, prendessero dove ce n’è, non importa con quali mezzi, i soddisfatti capirebbero forse più presto che è pericoloso il voler consacrare lo stato sociale attuale, in cui l’inquietudine è permanente e la vita minacciata ad ogni istante ; e si finirebbe più presto col comprendere che gli anarchici hanno ragione quando dicono che per avere la tranquillità morale et fisica, bisogna distruggere le cause che generano i delitti e i delinquenti, e non già opprimere colui il quale, piuttosto che morire di morte lenta per le privazioni, preferisce — se ha un po’ d’energia — prendere violentemente ciò che può assicurargli il benessere, sia pure a rischio della vita.
Ecco perchè io ho commesso degli atti che mi si rimproverano e che non sono che la conseguenza dello stato barbaro d’una società che non fa che aumentare il numero delle sue vittime con il rigore delle sue leggi, le quali incrudeliscono contro gli effetti, sanza mai toccare alle cause.
Si dice che bisogna essere crudeli per dare la morte al proprio simile ; ma quelli che parlano così non pensano che non ci si decide a questo passo, se non per evitarla essi stessi. E voi pure, signore giurati, che certo mi condannerete a morte, perchè credete che questa è una necessità e che la mia scomparsa sarà una soddisfazione per voi che avete orrore di veder colare il sangue, voi stessi, quando crederete che sarà utile il versarlo, non esiterete più di me a farlo : con questa differenza, che voi lo farete senza correre alcun danno, mentre al contrario io agivo con rischio e pericolo della mia libertà e della mia vita.
Ebbene, signori, non vi hanno fin dei delinquenti da giudicare, ma della cause dei delitti ta togliere.
Creando gli articoli del Codice, i legislatori hanno dimenticato che essi non attaccavano le cause, ma solo gli effetti ; le cause persistendo sempre, anche gli effetti sempre ne deriveranno ; e sempre vi saranno dei delinquenti, perchè oggi voi ne distruggete uno, domani ne nasceranno dieci.
Che bisogna dunque fare ! Distruggere la miseria, questo germe del delitto, assicurando a ciascuno la soddisfazione di tutti i suoi bisogni. E come ciò sarebbe facile a realizzare ! Basterebbe stabilire la società sopre nuove basi, in cui tutto fosse in comune, producendo ciascuno secondo le sue attitudini e le sue forze, e consumando secondo i suoi bisogni.
Allora non si vedrà più della gente mendicare un metallo di cui poi diviene lo schiavo, non si vedranno più le donne cedere le loro grazie come una volgare mercanzia in cambio di questo stesso metallo, che così spesso c’impedisce di riconoscere se l’affezzione è sincera : non si vedranno più nomini come Pranzini, Prado, Anastay e altri, che sempre per avere questo metallo, giungono a dare la morte. Ciò dimostra che la causa di tutti i delitti è sempre la stessa, e che bisogna essere insensati per non vederla. Sì : lo ripeto, è la società che fa i malfattori ; e voi, giurati, in luogo di colpirli, dovreste impiegare la vostra intelligenza e trasformare la società.
Io non sono che un operaio senza istruzione, ma ho vissuto l’esistenza dei miseri e sento l’iniquità delle vostre leggi repressive. Dove prendete voi il diritto di uccidere o di rinchiudere un uomo che, messo al mondo con la necessità di vivere, si è visto, nella necessità di prendere ciò di cui mancava per nutrirsi ?
Io ho lavorato per vivere e per far vivere i miei, e finchè io e i miei non soffrimmo troppo, sono rimasto quelle che voi dite onesto. Poi il lavoro è mancato ed è venuta la fame. Ed è allora che questa grande legge della natura, questa voce imperiosa che non ammette replica, l’istinto della conservazione, mi spinse a commettere certi delitti, che voi mi rimproverate e di cui mi riconosco l’autore. Giudicatemi, ma se voi mi avete compreso, giudicandomi, giudicate tutti i disgraziati di cui la miseria alleata alla fierezza naturale, ha fatto dei delinquenti, di cui la ricchezza, o solo l’agiatezza, avrebbe fatto degli uomini come tutti gli altri.
Ravachol
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 130 (10 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Emancipiamo la donna !
Abbattere la superstizione religiosa, spogliare dalle consunte forme tradizionali il pensiero umano con un’educazione che sviluppi l’individualità e la coscienza intima in modo che ogni essere agisca secondo il proprio volere e trovi de sè la via da percorrere, l’ideale al quale dedicarsi, la fede che risponda alle sue interiori convinzioni, questo è lo scopo a cui mira il libero pensiero. Combattere le vecchie idee di schiavitù e di asservimento, elevare la personalità femminile, aprire alla donna tutte le vie civili, e sociali in modo che essa non conduca più la vita parassitaria che le è imposta, ma possa scegliere liberamente tra tutte le attività umane la più adatta alla sua felicità epperciò la più utile agli altri, e possa la donna portare anch’essa in tutti i rami della via famigliare e civile il suo sano criterio, è compito di coloro che pensano a migliorare le condizioni morali dell’elemento femminile.
Stretti rapporti esistono dunque tra questi due ideali basati sullo stesso principio : giustizia e dignità umana.
Non è giusto che l’uomo porti il fardello degli errori, delle necessità del passato, e costringa la gioventù ad immobilizzarsi per timore di deviare da una via tracciata, non è giusto che la donna nuova stia ignobilmente sotto il peso di tradizioni ataviche ; non è dignitoso per tutti gli esseri umani di venir considerati come eterni minorenni a cui s’impone di ubbidire e tacere, di accettare senza discussione le idee, e supratutto di accogliere ciecamente sotte pretesto della fede, tutto un sistema d’idee non pensate, non sentite, spesso mandate a memoria meccanicamente, come le poesie dei bambini.
Giustizia e dignità umana sono i moventi del libero pensiero che mira una altra rivendicazione : quella della personalità cosciente. Contro l’individualità cosciente di è levato sempre un formidabile nemico attraverso i secoli : il dogma religioso.
Il dogma religioso (assai diverso dal sentimento religioso) è partito da un concetto assolutamente errano, volendo unificare il pensiero umano che è così vario e plasmare tutti gli esseri così diversi e molteplici ad un solo credo — ciò che è contro la natura che dà ad ogni essere un diverso organismo, con diverse attitudini, potenzialità e disposizioni. Il dogma religioso, come ha cercato di schiacciare la voce solitaria ed interna che si leva ribelle dal fondo d’ogni anima umana, ha cercato di annientare la donna decretandone l’inferiorità psichica.
Tra le religioni europee, la cattolica è quella che più delle altre ha esercito questa malefica opera demolitrice dell’individualità.
Ha torturato i ribelli, combattuto gli scienziati, perseguitato i dissidenti ed ha tenuta schiava la donna con paure, teorie, precetti mistici e la più oscura ignoranza. Ma se il libero pensiero è germogliato più sacro dal sangue dei martiri ribelli, la donna è stata oppressa e depressa dall’educazione clericale ed ha subite conseguenze gravissime e deplorevoli dalle quali, a stento e col tempo, potrà solo liberarsi.
Poichè spesso avviene che la morale sociale è la morale religiosa, e ciò è anche più vero rispetto all’educazione della donna : il cattolicismo le ordinava di obbedire e di tacere, di servire l’uomo e di chiudersi fra le mura domestiche e le leggi conseguentemente la esclusero da ogni diritto, la condannarono ad una perenne tutela, ne vollero disconoscere la capacità, il buon senso e la più limitata intelligenza. Cristo aveva innalzato la dignità femminile parlando d’uguaglianza delle anime senza tener conto del sesso, ma la chiesa cattolica, i santi padri ed i grandi teologi la cercarono di annientare, perchè compresero la grandissima importanza di avere la donna con sè, e per asservirla le tolsero l’idea di quell’emancipazione, che sancirebbe una grande verità religiosa in base a tutte le altre unità del genere umano e associerebbe alla ricerca del vero e del progresso comune una somma di facoltà e di forze isterilite in oggi, da quella inferiorità che dimezza l’anima. E la chiesa cattolica non ha dimezzata, ma uccisa la cosciente femminile sotto il peso d’una rassegnazione pue ile e d’un servilismo avvilente.
Se il Libero Pensiero si è mantenuto, anzi diffuso maggiormente attraverso i periodi di persecuzione, non atterrà però il finale trionfo se prima non avrà cercato d’avere con sè la donna, che informa l’anima umana, che getta i primi semi di luce nel cuore del fanciullo, che dà il carattere alla famiglia ; ed è proprio e solo la famiglia che può più delle scuole e della società formare la coscienza individuale.
La scuola compie l’opera materna e deve essere necessariamente laica e diretta ad un concetto morale assai diverso da quello al quale si è fino ad oggi ispirata, e specialmente le scuole femminili devono essere riformate e si dovrebbe assolutamente impedire agli istituii religiosi d’impartire l’educazione. Come possono preparare alla vita esseri che ad essa hanno rinunciato e che la guardano da un punto di vista così lontano dalla realtà, dalla pratica e dalla morale umana ?
Il Libero Pensiero deve volere non solamente la scuola laica ma la riforma nell’educazione attuale, il divieto di impartirla a chi non ha e non può averne l’esperienza necessaria ; deve volere che tutti gli sforzi siano diretti a sviluppare la coscienza individuale sanza distinzione di sesso.
Il Libero Pensiero che non fa mai distinzione di sesso, è una rivolta dell’anima moderna contro le antiche forme della morale religiosa, che ancora mascherate, dominano la morale umana ; è un raggio del gran sole della libertà che vuole illuminare le grandi tenebre della notte medioevale non ancore, non mai superata.
Rivolta calma et cosciente, che porti ad un’intima rivoluzione d’idee ; poichè noi non possiamo accettare ibridi connubî, connubî che la chiesa per solo opportunismo caldeggia, tra ideali moderni e vecchie consuetudini. Noi non possiamo accettare le nuove parole del progresso senza che ad esse risponda la sostanza, noi siamo assetati di sincerità dopo tanta ipocrisia, noi vogliamo liberarci da questa « menzogna di religione, sorgente perenne di corruttela e di immoralità, insegnamento di menzogna alle moltitudini » per arrivare (se vogliamo avere una religione) a quella che « costringe gli uomini a tradurre in fatto il pensiero, ad armonizzare la vita pratica col concetto morale ».
Il Libero Pensiero non può e non deve fermarsi solo alle teorie ma scendere nel campo della vita pratica ed accogliere tutte le manifestazioni civili dell’anima umana e tra queste ; l’emancipazione della donna : e combattere per essa.
Ma l’emancipazione della donna non si potrà fare senza demolire il dogma religioso che consiglia alla donna la rassegnazione, la passività ; agire invece bisogna, ribellarsi alla schiavitù e al dominio del maschio, estirpare la convinzione che la donna non abbia una vita a sè ; ma che quanto l’uomo essa ha un fine individuale un cervello proprio, una missione particolare e perciò anche il diritto alla stessa libertà d’agire e di pensare. E questa libertà, che i liberi pensatori propugnano sia data a tutti indistintamente, e più a quella parte dell’umanità che pure lavorando e soffrendo non solo contribuisce al progresso ed all’equilibrio della società, ma che avendo una particolare missione creatrice ed educatrice, ha nella mani le sorti dell’umanità stessa.
Il trionfo del Libero pensiero non potrà avverarsi senza la redenzione della coscienza della donna, e l’uno e l’altro di questi ideali si possono e si debbono accompagnare e sorreggere nell’aspro cammino da percorrere.
Il progresso dell’una idea segna la vittoria dell’altra, e nessuna forma dogmatica può riconciliarsi colla sincera convinzione del libero pensiero, che sdegna ogni restrizione dogmatica e si lancia all’avvenire per la conquista d’una giustizia e felicità terrena, in nome di una fede che ha le sue radici non nella potenza divina ma nella logica es esperienza razionale, non nella rassegnazione e nell’ignava ma nella ribellione e nella vita attiva ; ha le sue radici non in un mondo ignoto, lontano ed incompreso, ma nel cuore stesso dell’uomo che porta in sè il proprio destino lieto o triste, fede umana in una grandezza morale verso la quale l’umanità cammina.
La donna non conquisterà quindi la uguaglianza di libertà, di diritti e di morale se non dopo aver abbattuti i dogmi delle religioni che hanno ispirato i dogmi convenzionali e morali, che oggi sanciscono la sua inferiorità, la sua schiavitù.
***
L’ora della rassegnazione e delle sommissione predicata da tutte le chiese è oramai oltrepassata. Abbiate dunque il coraggio di affermare questa vostra nuova fiera personalità d’individui coscienti.
Unitevi in una più grande e forte lega emancipatrice, voi che sentite tutta la bellezza della lotta femminile integrata nella lotta contro tutti i dogmatismi ; in una più grande et forte lega che senza titubanze, con azione libera, ferma ed energica muova alla conquista dei vostri diritti.
Venite a noi, o libere pensatrici con solidarietà d’indirizzo, di tendenze e di aspirazioni, formate il drappello d’avanguardia che scuota la generale apatia e l’incertezza del presente movimento che aspira alla vostra redenzione.
Nel nome del Libero Pensiero - formate la nuova falange sacra alle conquiste dell’Avvenire.
I gruppi femminili aderenti all’Assoc. Giordano Bruno
Roma, giugno 1911.
Dalla sede sociale di Porta Angelica 25
di fronte al Vaticano.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 125 (29 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
II. Congresso Anarchico Italiano
Roma, 19, 20, 21, 22 settembre 1911
I Gruppi communisti-Anarchici di Roma, con l’asesione di numerose località d’italia, hanno convocato il II. Congresso Anarchico Italiano. Esso si terrà in Roma, inaugurando i suoi lavori il 19 settembre, nella sede della Federazione del libro, in Via S. Bartolomeo dei Vaccinari 29 p. p. (presso ponte Garibaldi).
Le ragioni che hanno determinato i compagni di Roma a convocare questo Congresso sono molteplici. Esse sopratutto consistono nella necessità, da tutti riconosciuta, di coordinare il lavoro di propaganda per la diffusione delle idee comuniste-anarchiche, e di rafforzare le nostre file onde gli eventi non ci colgano più alla sprovvista, poichè, l’azione nostra che da qualche tempo si è resa sempre più discorde e slegata, rende ognora impossibile l’intensa preparazione di un movimento rivoluzionario.
Si tratta, in sostanza, di intenderci personalmente onde eliminare gli equivoci che ci dividono, e stringerci fraternamente in una compagine combattiva e solidate, riunendo le nostre forze, sommando i nostri sagrifici, affinchè l’attività nostra si disperda in duplicate e talvolta concorrenti iniziative, ma si spieghi concorde ed efficace nell’esplicazione di un lavoro omogeneo e proficuo, dedicato più che altro alla preparazione rivoluzionaria.
Ecco, in succinto, lo scopo che ci muove a radunare in Toma i compagni d’Italia, a discutere dei nostri interessi e concretare insieme le comuni proposte ed iniziative. Nessuno può dissimularsi la importanza di queste ragioni, e disimpegnarsi del sacro dovere di portare il prezioso contributo della sua presenza e della sua attività el Congresso di Roma.
Ci aspettiamo quindi numeroso il concorso dei comunisti anarchici d’Italia, i quali, siamo certi, sapranno corrispondere con entusiasmo all’appello che la città del trono e dell’altare, a loro dirige in questo momento in cui il proletariato più che mai ha bisogno che risorga dal suo letargo la frazione più audace dell’elemento rivoluzionario d’Italia.
***
Concordemente ella volontà nostra e di tanti compagni che attendono ansiosi il momento di iniziare un periodo di azione rivoluzionaria energica e fattiva, abbiamo creduto opportuno di chiamare a raccolta soltanto coloro che sono d’accordo nelle idee comuniste-anarchiche, cioè sono convinti della necessità del principio di associazione, nelle sue forme generali, e riconoscono che la società umana andrà, evolvendosi mediante la esplicazione delle leggi naturali della solidarietà e della uguaglianza, col contributo mentale e fattivo degli individui e delle collettività.
Epperciò, affermata la base teorica pregiudiziale, entro cui dovrà contenerci il Congresso, si è resa inutile ogni discussione dottrinaria che pur soddisfacendo il nostro desiderio di discutere e di sapere, ci toglierebbe tuttavia il tempo che ci necessita per espletare del tutto quel lavoro pratico che abbiamo il desiderio di concludere ad ogni costo, e per il quale soltanto, gran parte dei compagni d’Italia hanno affermato la necessità del Congresso.
il confronto fra le varie frazioni dell’anarchismo avvenne già nell’altro Congresso Anarchico Italiano, tenuto in Roma nel 1907, e vi fu completamente esaurita e definita la questione teorica. Individualisti e comunisti anarchici discussero fraternamente, serbando poi ciascuno inalterate le proprie idee. Nessun fatto nuovo è venuto oggi a persuaderci della utilità di riprodurre di nuovo il dibattito.
Si è reso invece necessario il proposito di chiamare gli elementi communisti-anarchici ad un Congresso Nazionale che avesse per unico scopo di concludere una intesa maggiore di quella occasionale e che avviene nei rari giri di propaganda, nelle corrispondenze dei nostri giornali, o per le semplici relazioni personali.
Al Congresso sarà quindi discusso il seguente
Ordine del giono
1. Organizzazione anarchica : (gruppi locali, federazioni di città, regionali, nazionali, segretariati) ;
2. Propaganda ed iniziativa : (conferenze e giri di propaganda, manifestazioni, commemorazioni, ecc.) ;
3. Stampa : (giornali, riviste, biblioteche, editrici, numeri unici) ;
4. Associazioni antireligiose, antimilitariste, scuole moderne ;
5. Eventuali.I relatori saranno scelti un mese prima della data del Congresso, ed i loro nomi saranno comunicati a tutti gli aderenti. Le relazioni saranno pubblicate nell’Alleanza libertaria, od in appositi fascicoli.
Il Congresso sarà inaugurato la sera del 19 settembre con una Conferenza anarchica tenuta da oratori scelti tra gli aderenti al Congresso. Nel pomeriggio del 20 settembre, avrà luogo una manifestazione commemorativa di Carlo Pisacane, uno dei precursori dell’anarchismo, aggredito e massacrato nel glorioso fatte d’armi di Sapri nel 1987. Gli anarchici si recheranno in corteo al Gianicolo a deporre una corona sull’erma sua che sta sullo storico colle sacro a Roma rivoluzionaria. Ivi parleranno i nostri oratori. I Gruppi Anarchici sono tenuti a mandare anche i loro vessilli.
***
I contributi per le spese ingenti da sostenersi per la buona riuscita del Congresso, sono così fissati :
Gruppi e Federazioni : Lire Sei (per 2 rappresentanti) ;
Congressisti aderenti individualmente : Lire Tre ;
Gruppi di Roma : Lire Dieci (per 2 rappresentanti) ;
Congressisti di Roma, aderenti individualmente : Lire Una ;
Giornali anarchici : Lire Dieci (per 1 rappresentante).Occorendo votazioni sarà adottato il sistema di far votare soltanto i rappresentanti di tutti i Gruppi, Federazioni e giornali nostri, e due congressisti per ciascuna località (esclusa la città di Roma) che abbia soltanto adesioni individuali. Gli altri avranno tuttavia diritto pieno ed intero di partecipazione alla discussione. Abbiamo deciso questo perchè il valore statistico od impegnativo delle deliberazioni non sia alterato da votazioni artificiose.
Un Ufficio Stampa funzionerà al Congresso, onde le deliberazioni sieno rese pubbliche nel più breve e nel miglio modo possibile. Il resoconto cerrà stenografato da persona di nostra fiducia.
***
Attendiamo ora che i fatti convalidino le nostre speranze e che quindi il Congresso riesca una solenne manifestazione di forza e di energia anarchica, nella istessa ora in cui un popolo balordo ed incosciente si lascia adescare dalle stupide e menzognere seduzioni d’un patriottismo che specula cinicamente sulla molla dell’entusiasmo facilone del volgo, per sfruttare a proprio beneficio le feste del cinquantenario della cosidetta unità italiana.
Arriverderci al Congresso !
La Commission esecutiva
Casadei Mario - Ceccarelli Aristide - Faina Umberto - Luciani Renato - Masseroni Emilio - Melinelli Giuseppe - Merlini Umberto - Monticelli Temistocle - Paoletti Lorenzo - Perrella Angelo - Recchi Gaetano - Sacconi Riccardo - Sottovia Ettore - Stagnetti Spartaco - Varagnoli Eolo.
Roma, luglio 1911.N.B. — Le adesioni, accompagnate dal relativo importo, debbono esclusivamente essere indirizzate al compagno Ettore Sottovale, Via Famagosta 45, int. 5 - Roma. Ogni altro indirizzo equivale a disguido. Al medesimo indirizzo debbono chiedersi le informazioni per i ribassi ferroviari, tessere, alloggi, ecc. Agli aderenti verrà subito spedita, a mezzo di lettera raccomandata, la tessera del Congresso. È necessario perciò che gli che gli interessati sollecitino la corrispondenza, e che i Gruppi nell’indicare la loro adesione ci facciano sapere i nomi di coloro che inviano personalmente a rappresentarli.
Di ogni adesione e delle somme in danaro inviateci sarà costantemente data ricevuta in apposita rubrica sul giornale.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 126 (6 luglio 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La feste monarchiche
Mentre milioni di uomini muoiono di fame nei luridi buchi per ironia chiamati camere, e sono, questi uomini, avvinti dalla miseria atroce, squallidissima, altri milioni di individui incoscienti applaudono, frementi di entusiasmo, alle coronazioni sontuose e costosissime di re e imperatori.
Per queste cerimonie tante e tante energie umane si sono logorate giorno e notte ricompensate in modo de non morire letteralmente di fame.
La monarchia vive, ha profonde radici ancora, e la nostra fede che il popolo si svegli è un’illusione che svanisce in simili occasioni.
La mentalità popolare è ancore ottenebrata.
Lo vediamo chiaramente dalle entusiastiche manifestazioni, dall’entusiasmo delirante che le masse impiegano per mantenere su, in piedi, gli scenari vecchi del gran teatro delle falsità.
E ancora assistiamo allo spettacolo primitivo di milioni di uomini prosternati innanzi all’idolo simbolico, che essi hanno coperto di oro e di porpora, recando a lui doni ricchissimi ed offerte, onori e glorie, e tutto quello che la Natura ha di più squisito e la sapienza di più raffinato.
Ma, soprattutto, l’uomo adorante non si accorge di aver sacrificato a lui l’intimo suo, l’essenza sua, cioè la libertà culturale.
E l’idolo sorride e si crede in pieno diritto di decimarla calpestarla o distruggerla a suo piacimento.
La prima burlesca, ma generosa, preoccupazione di questi semi-dei fu di cambiare il personale della cucina e delle sartorie, e da parigini che essi erano li vollero della nazione da loro governata. Questa riforma ha una grandissima importanza, si affrettano di commentare i giornali borghesi, e il popolo cieco applaude a gola aperta con sorriso melenso sembrando anche a lui una innovazione di altissimo ordine nazionale, tanto più che non riguarda lui ma il gusto del palato del suo signore e padrone.
E di questi dei la stampa si rende portavoce ; ne registra ogni parola, ogni gesto, ogni vuoto pensiero, che vien discusso e commentato, e ogni qualsiasi movimento ; sembra che tutto ciò rechi sollievo e cambi la faccia del mondo.
E le mani applaudono questi resoconti e gridano : Bravooo !!
E lo splendore aumenta ; e le orgie del lusso, del raffinato piacere, dell’estetica superiore trionfano, mentre il povero paria che in mezzo a tanto tramenio acquistò l’occhio del bove vede giganti i parassiti incoronati e i loro seguaci affaristi.
I borghesi, furbi, conoscono l’effetto di stupidimento e ubriachezza che producono sulle masse queste coreografie monarchiche ; le conoscono e ne abusano.
Ai selvaggi date dei nonnulla con vivaci colori e li rabbonite ; ai popoli più evoluti date feste con fuochi d’artificio e illuminazioni straordinarie, riviste militari con principi alla testa, cortei splendenti d’oro e di argento, e li avrete raddolciti entusiasmandoli di più.
Ferdinando di Borbone conosceva molto bene la psiche popolare quando pronunziò la sacramentale frase : « Feste, farina e forca ! ».
Questo fu il suo programma di governo.
E il popolo alle smaglianti feste grida estasiato : Evvivaaa !!
Egli ha perduto il senso della sua fama, della sua dignità, del suo convincimento al diritto alla vita e vacilla tra le tenebre e la luce.
Di questo ondeggiamento ne approfitta il signore, e sfrutta e beve sangue.
Oh ! l’ignoranza del popolo quanto è mai profonda. Gridano i borghesi nei loro ambianti di voler pensare al diritto del lavoratore e poi lo strozzano per colmare di gemme gli scrigni degli idoli che hanno posto sul trono.
A che servono costoro ? A che servono questi scenari vecchi tra i quali si muovono i pallidi automi guidati da una tradizione, mossi da un’egoismo ?
A che servono quando solo loro la causa di quelle orribili tragedie che scoppiano nei quartieri limitrofi ai palazzi dell’oro e del diamante, tragedie nelle quali il dolore non finisce mai, originarie di morti atroci e contro natura ?
Fratelli, la commedia già troppo dura ! Bisogna svegliarsi per agire e adoperarci tutti con energia alla conquista dei diritti della vita. Non vedete come deridono e calpestano sfacciatamente le vostre pene e la vostra libertà ? Miliardi si sono buttati al vento per l’incoronazione di marionette le quali agiranno come vorranno i ministri, i monopolizzatori e gli usurai di Stato.
E il popolo applaude, applaude, e si snerva e vende tutto per vivere fino al giorno della tomba.
L’opulenza dei mangiatori di oro si accresce da un lato, mentre dall’altro le campagne si spopolano, gli arnesi del lavoro mancano, e l’insieme si decompone, si annichila per il colossale lusso di sfacciati fascinatori.
Occorre protestare con mezzi efficaci onde lottare con forza contro l’ipocrisia generale ed unirsi per strappare le maschere.
Possiamo risorgere con le proprie forze ma è necessario essere uniti senza divisioni di partiti e senza pettegolezzi piccini.
La società attuale è fondata sulle ceneri della dignità umana, ed ha per principio il monopolio, il nepotismo e l’asservimento del popolo pel suo esclusivo benessere.
Non possiamo attenderci da questa classe di parassiti sfruttatori altro che una con inuata oppressione distruttiva.
Se domandiamo loro la ragione dello sciupio delle colossali ricchezze, vi diranno che tutto è nell’interesse del proletario, che i poveri sono creati per i ricchi i quali dando loro da lavorare li sostengono in vita.
Al popolo che ignora la storia, la vita, e i diritti naturali possono raccontare quel che,vogliono poichè non capisce che le ricchezze esistenti sono sua, frutto della sua opera assidua, costante. Non capisce che i milioni assegnati agli meri automi incoronati non solo che il prodotto di balzelli aggravati sulle spalle dei lavoratori senza tetto, bruciati dal sole, intisichiti dalle miniere e nelle officine, lavoratori che poi muoiono esauriti negli ospedali ove sono accolti dalle carità governativa, o nei più sporchi angoli della città.
Svegliate le vostre coscienze, o fratelli, e lottiamo per la resurrezione della forza e del pensiero.
All’opera dunque per smascherare le false teorie, il falsi atteggiamenti e pensieri. Comminiamo verso un grande progresso intellettuale e gettiamo il fango accumulato da secoli. Occorre vivere una vita sana e di coscienza. Sonnecchiando, l’entusiasmo diminuisce e i parassiti cresciuti di numero forza e avidità trovando terreno adatto produrranno il caos nelle energie proletarie, già scombuiate, poichè essi non producono una consumano. Dunque, morte ai parassiti.
Vera Xenici
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 128 (27 luglio 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La Grande conquista !
Lavoratori gioite !
La nube maligna che oscura il sole radioso dell’Avvenire scomparirà finalmente !
Tu, o popolo sarai libero ; tu sarai sovrano !
Eccoti concessa alfine l’arma fatidica, l’arma poderosa con cui potrai divenir padrone del mondo.
Tra poco non vi sarà più fame, non più disagi, non più ingiustizie.
E tutto questo col più lieve sacrificio, col più placido movimento, col più dilettevole giuoco.
Un fogliolino di carta, ecco tutto.
Ma che scioperi, una che resistenza, che insurrezioni !
Non più violenza, perdio !
Giù le armi, lavoratori ; giù le armi, soldati.
Ecco la grande conquista !
Tu o popolo, con la scheda invierai ai pubblici uomini tuoi, che faranno leggi in tuo favore. Così si faranno aumentare i salari, diminuire la pigione, ribassare il pane ; aboliranno l’esercito e la proprietà privata : scacceranno i ministri, i regnanti, i preti, i padroni, e proclameranno in questo modo il nuovo sole dell’Avvenire.
Esulta, esulta o popolo !
Quest’arma è fatata.
Essa esisteva, è vero : ma erano pochi a possederla ed ecco perchè in trent’anni di prova, dopo tante lotte, non fu possibile conquistare du più, nè dispensare dai pubblici poteri la giustizia sociale.
Oggi però il diritto d’adoperar quell’arma è stato elargito a moltissimi, a quasi tutti i cittadini.
Quindi ora s’otterrà di certo lo sperato successo.
Tu vedrai, o buon popolo, che non appena andranno al potere i tuoi rappresentanti la miseria sparirà d’incanto, la proprietà privata sarà abolita, la borghesia si ritirerà mogia, mogia, scusandosi tanto d’averti incomodato fin qui, ed i soldati faranno il presentat’armi ai nuovi conquistatori.
Tu, o popolo, credi pus questa e rallegrati, che in ora si funesta una vittoria simile giammai non si sognò !
O eroi di Garibaldi, martiri della Comune, oh !… la vostra gloria è oscurata !
Largo ai novelli geni !
Date, date loro il meritato guiderdone…
Che importa se il popolo sente ancora lo spasimo d’un’altra spremuta ?
Sicuro, date loro migliaia di lire, date pure a costoro l’indennità… par tanto danno.
Ecco i primi atti di uguaglianza, di disinteresse ; ecco i primi sgravi delle nostre miserie, eccola un po’ d’abolizione della nostra miseria, causata dalla proprietà privata, dal nostro scarso salario.
Ora è venuta davvero la cuccagna !
E la vedrai, o popolo, quando l’arma possente sarà inumano di tutti, la vedrai allora la lotta generosa per correre là a rappresentarti, a combattere pel tuo bene, ed a … riscuotere l’indennità.
***
Ma tu lavoratore avrai già ben aperto gli occhi, tu non ti presterai a questo giuoco.
Tu sai per esperie za che dove c’è un privilegio, c’è un violento ; dove c’è un violento c’è un tiranno ; dove c’è un tiranno ci deve essere un ribelle.
C’è oggi il privilegio ?
Purtroppo, e non c’è bisogno di dimostralo, ed allora c’è il violento e c’è il tiranno.
C’è il violento poichè c’è un esercito di birri e di soldati armato fino ai denti al comando del privilegio, c’è il tiranno perchè ogni volta che tu hai domandato giustizia, libertà, pane, ti fu sempre risposto con la mitraglia.
Rammentati dunque che ci deve essere un ribelle inevitabilmente per necessità.
Non credere quindi che la borghesia rinunci queta queta ai suoi privilegi ; che si lasci spodestare garbatamente dai nuovi conquistatori… di pubblici poteri.
Non credere, che l’arma del voto sia efficace a liberarti.
Prima di tutto perchè essa è un tranello, altrimenti non te l’avrebbe concessa, eppoi perchè è sicura di resistere fino all’ultimo sangue.
La scheda è un tranello poichè con essa il lavoratore non riuscirà mai alla conquista dei pubblici poteri. È un tranello perchè i lavoratori, sempre intenti a lottare per quella irraggiungibile conquista, tralasciano la vera lotta per i propri e veri beneficî.
È un tranello perchè ti lascia libero, ma dentro una gabbia.
Infatti ottenuto perchè ti lascia libero, ma dentro una gabbia.
Infatti ottenuto il suffragio universale occorre vedere se sarà possibile conquistare la maggioranza degli elettori, occorre vedere se i rappresentanti dei lavoratori faranno davvero gli interessi del popolo ; quindi, dato tutto ciò, occorre vedere se sarà possibile, à questa rappresentanti, di fare quello che promettono.
La borghesi è sicura del fatto suo come il babbo che ha dato al figliuolo il fuciletto di legno.
Eppoi la borghesia conta sull’ignoranza, sulla superstizione che infonde il prete, sulla schiavitù, sulla miseria in cui ti schiaccia il capitalista ; su tutta la caterva di preti, soldati, impiegati, magistrati, proprietari, è via du seguito che saranno sempre tutti elettori e favorevoli a loro.
Essa conta sulle limitazioni di cui son circondati questi pubblici poteri sorvegliati dai poteri superiori che non sono pubblici, ma un privilegio della borghesia.
Il municipio, dipende della provincia, dal prefetto, dal Ministero, dal parlamento, dal Senato, dal re.
Il parlamento, anch’esso dipende dal Senato, dal Ministero, dal re.
Il re, a sua volta, dipende dalla classe dominante che lo circonda, dal capitalismo ch’è il vero sovrano.
Ed infine la borghesia conta sulla forza armata con cui potrebbe disfare d’un subito anche i pubblici poteri qualora le fossero di danno ed i lavoratori riuscissero a conquistarli.
***
Questa è la famosa arma del voto ; ecco la infallibile potenza della scheda.
Poveri sogni, dunque, dopo tante fatiche !
Non è tra oppressori ed oppressori ed oppressi che possono aver luogo le lotte civili.
Le lotte pacifiche, le lotte del pensiero onde affrettare la marcia del progresso, avranno luogo più in là, quando si disputerà fra uguali.
Contro i tiranni no.
È inutile che ci lusinghino col suffragio universale, con la leva elettorale, con le precauzioni contro i brogli, con la scheda colorata, con l’indennità, parlamentare !
La corruzione non riusciranno a trattenerla, il loro inganno lo conosciamo bene !
Oh, troppa grazia, troppa grazia, perdio !
Costoro c’indicano la scheda perchè sanno bene che non arriverà in capo di nulla, che se doves e veramente raggiungere qualcosa non ce la consiglierebbero, ma ce la negherebbero.
Possiamo noi fidarci di loro quando ogni mossa è per gravare su noi, quando ogni parola è seguita da una minaccia, quando ogni ordine è une baionetta che si fa incontro ?
Che depongano le armi loro per primi, che le adoperano da un pezzo, e comincino loro a mostrarsi generosi verso noi che soffriamo tanto e da sì lungo tempo !
La tirannia borghese non è da meno delle tirannie passate.
Privilegi allora, privilegi oggi, sopraffazioni allora, sopraffazioni oggi ; miserie allora, miserie oggi.
ieri violenze, oggi violenze, ieri prigioni et fucilate, oggi prigioni e fucilate.
***
Cos’è cambiato dunque ?
Ed allora anche noi ripetiamo, ciò che la borghesia ha fatto per la sua liberazione.
Essa ci ha insegnato la via del sacrificio, la via delle ribellione.
La storia ce lo insegne, il ricordo de’ nostri padri ce lo inspira, l’eco delle zolle insanguinate ce lo suggerisce.
Tu vedi, o popolo, la miseria che ti ricorda, le ingiustizie che ti affamato.
Tu hai veduto la folla bruta delle baionette irte contro le tue preghiere, tu hai veduto vomitar mitraglia le bocche di quei fucili mentre la tua domandava pane.
Tu hai veduto intorno a te seminata la morte.
Tu hai pianto, hai sperato inutilmente.
Ebbene, dinanzi a tutto ciò considera tu il valore du quella pretesa arma che t’offrono : la scheda, il diritto al voto, il suffragio universale.
Dinanzi a tanto soffrire, a tanta schiavitù, a tanto strazio delle tue carni ; dinanzi all’esempio della storia, al ricordo di tanti sacrifici, all’ammonimento di tante vittime, è superfluo consigliarti il tuo dovere.
Sollevati !
Da le rivolete audaci germinerà la Redenzione !
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 124 (22 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La morale dei gesuiti
Or non è molto, nella Biblioteca scientifica dell’editore Bocca, è uscito, presentato in bella veste italiana, il libro di F. Huber intorno alla morale dei gesuiti. L’opera risale a molti anni, al tempo in cui stava per compiersi con Roma la nostra redenzione morale e politica : ma l’argomento è sempre attuale, oggi più che mai, e rappresenta sempre, se non u imminente pericolo, che secondo me lo è, senz’altro, se la vera democrazia non si desta gagliardamente, un problema di gravissimo tormento per le contemporanee istituzioni politiche e per la contemporanea coscienza umani. Il quale, per essere esatti, non è, da parte dell’autore, un’indagine compiutamente precisa e scientifica. Ma comunque sia balza dalle vibranti pagine une grande verità che racchiude insieme un ammonimento ed un problema.
Problema ?
Certamente : e problema che investe nei limiti paurosamente complessi, non questa o quella determinata attività sociale, ma tutto lo svolgimento politico, intellettuale e sentimentale della vita moderna.
Presentemente, quasi dominati dallo sfogo innocuo ed ingenuo delle moltitudini, ci culliamo in una bambinesca altalena di fischi anticlericali : la guerra al prete, nei clamori lambiccati del manifesto massonico e nella concitata parola del tribuno, è apparso a noi come l’unica via per la liberazione dal dogma a dall’insidia.
E abbiamo dimenticato che di fronte all’infruttuoso tumulto della piazza si erge, occulta e derisoria, la organizzazione più potente che l’uomo abbia dato alla storia ; e abbiamo dimenticato, nella ornamentali fiere del libero pensiero e di spirito laico, che questa organizzazione minava, nella persistenza e nel silenzio, la maestà et la santità dell’ultima figura politica a cui, attraverso barricate e rivoluzioni, ci aveva condotto il cammino penoso della storia.
La nostra grande conquista è una sola : Lo Stato libero, laico, positivo. Ma la conquista, anche dopo il lavoro formidabile dell’« 89 », si rivela ancore un ideale.
Nè mi preoccupo, in questo momento, del conflitto enorme che si svolge, lento ma fatale, tra gruppi, classi, categorie, ordine sociali di ricchezza, di lavoro, di produzione : è la grande battaglia che accenna, sotto la spinta di un istinto storico, alla graduazione spontanea ed equa dei valori umani.
Cui intendo riferirmi alla nostra coscienza di liberi e di contemporanei, in uno Stato che non consenta la schiavitù sentimentale o l infiltrazione nemica di una contraddizione pericolosa.
Qual’è la morale dei gesuiti. La disciplina : vale a dire, una virtù cieca, serrata, inesorabile di organizzazione. Al vertice, l’imperio ; alla base la obbedienza passiva : ne consegue la simultaneità, l’ordine, la continuità, l’unità di pensiero et di azione. E la organizzazione è la ragione della loro forza e della loro vita : sint ut sunt aut non sint, aveva ammonito un loro capo.
Qual è l’azione dei Gesuiti ? Bastano poche parole : la lotta contro lo Stato, la famiglia, la coscienza.
« Sarebbe difficile dimenticare — osserva in una colta prefazione il traduttore, l’egregio dott. Nicolay che pure è tanto misurato e prudente nel suo giudizio — che, sia pure senza volerlo, essi hanno fatto violenza a chi sa quanti giovani, specialmente quella violenza che ha nome di proselitismo e che al loro fondatore fruttò solenni battiture a Parigi. Qui davvero potrebbesi non a torto invocare l’inalienabile libertà, ma come ricordo ai genitori e monito ai governati d’invigilare gl’istituti religiosi, anche fino a proibire di ricevere novizi non maggiorenni ».
A tale proposito mi piace notare che da quasi tutte le congregazioni religiose dell’uno e dell’altro sesso si reclutano minorenni per educarli alla propagazione della loro specie… perversa. Io so di positivo che in alcune congregazioni maschili si sono reclutati persino dei ragazzi di dieci anni e vengono, infelici, iniziati alla vita monastica, mentre avrebbero bisogno d’aria e di libertà. Tanti ingenui genitori, poveri, per togliersi il pensiero del mantenimento dei loro figli, li cedono volentieri agl’incettatori congregazionisti, sperando anche, veramente ingenui su questo, che un giorno saranno il loro aiuto.
E tutto questo movimento congregazionista è sotto la tutela sorvegliatrice del nero genio del male, il gesuita, che a il timone della barca di S. Pietro.
E di questo grande pericolo, si mena chiasso per qualche ora e poi si ritorna al silenzio.
Dicevo, dunque che si dovrebbe impedire dallo Stato di ricevere novizi non maggiorenni, non potendosi ancora ottenere la completa sparizione di tali esseri infesti all’umanità.
Perchè ? Qualcuno, anche fra quelli che maggiormente si affannano nelle proteste della piazza, potrebbe ignorarlo : perchè nelle scuole i gesuiti falsano la mente e lo spirito del giovanetto, plasmandolo, con pazienza assidua e scaltra, in un mondo speciale dal quale poi riesce difficile, e spesso impossibile, uscire a libertà di azione e di pensiero.
E veniamo a la famiglia.
« In mezzo a precetti ottimi e ad eccellenti raccomandazioni ai genitori ed ai figli — premette il dott. Nicolay — i gesuiti insegnano cose che, portandovi la divisione, infirmano ed offendano quel nobile organismo. Essi permettono alle mogli di fare larghi donativi od elemosine per opere pie, compresa naturalmente la compagni, all’insaputa e contro la volontà del marito ; permettono ai figli di seguire la loro vocazione spontanea o suggerita, all’insaputa o contro la volontà dei genitori ».
E come, infine, si manifesta la morale gesuitica di fronte allo Stato ? Seguiamo anche in questo punto il traduttore.
« La loro azione è una rivoluzione : la reazione, con l’assoluta sovranità del principe, limitata solo dai diritti eminenti del papa, con tutti i privilegi goduti della chiesa e dagli ordini religiosi’ specie dalla Compagnia di Gesù, con la intolleranza più rigorosa della libertà di coscienza e di scienza, a protezione della religione cattolica ».
E basta.
Chiesa e Stato non sono più organismi coordinati, due forze sociali che possono svolgersi in fattrice armonia di Storia e di civiltà ; ma due termini antitetici, due istituzioni opposte.
La teoria delle parallele ha ripetuto un’altra volta la vuota formula cavourriana a ludibrio dello Stato.
Vorremo noi formulare un’altra volta, in ludibrio della storia, la logica del Loyola ?
Gabelli
Abbiamo dato posto al presente articolo, pur essendo discordi in qualche punto con le idee svolte dall’egregio autore, specialmente in ciò che riguarda i rapporti tra Chiesa e Stato ; poichè noi siamo d’avviso che l’una non potrebbe vivere senza l’altro e che ambedue s’integrano mirabilmente.
Soprattutto, l’abbiamo ospitato nelle nostre colonne, dal momento che tale ospitalità è stata negata da qualche giornale massonico, il quale avrebbe dovuto sapere apprezzare il coraggioso intendimento dell’esimio scrittore che molto d’avvicino conosce e sa tutte le macchinazioni losche della terribile sette nera.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 129 (3 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier
Cittadini,
Che la libertà giolittiana non rappresentasse che una grottesca mistificazione, lo sapevamo abbastanza, giacchè l’esperienza dei fatti dice meglio di qualunque opera di Giovanni Giolitti, che ogni lodevole proposito di cui si disse interprete costui, divenne sempre mistificazione e tradimento.
Ma non avremmo tuttavia creduto che la vigliaccheria umana giungesse sino a consentire indirettamente alle fosche imprese di questo turpe lenone della politica, vendendo a costui il silenzio dei partiti che pur una volta dicevansi sovversivi.
Così le più nefande imprese rimangono impunite e sanza la menoma protesta. Solo quando qualche alto papavero della politica viene disturbato de equivoci o da eventualità, allora si impennano gli omenoni dei partiti che un di erano e si dicevano « estremi », a registrare la prepotenza e l’arbitrio, ed esigerne la dovuta soddisfazione.
Ma i proletari vittima dei fasti reazionari della polizia e della magistratura vengono dimenticati, e così si lasciano impunemente perseguitare i propagandisti delle idee rivoluzionarie ed anarchiche, le sole che oggi non sieno state vulnerate dal gelido soffio mortifero della corruzione legalitaria.
Ciò spiega benissimo il fatto per cui la valorosa compagna Maria Rygier, vittima di un basso tranello poliziesco, è tuttora e da parecchi mesi trattenuta in carcere, senza che una accusa precisa sia stata contro di lei formulata.
Tutti i rivoluzionari conoscono Maria Rygier. Essa è una donna coraggiosa, piena di sentimento e di audacia, che dà le sue migliori energie di pensatrice e di combattente alla propaganda dell’Anarchia di cui ne è fervente assertrice, malgrado tutte le persecuzioni che l’idra poliziesca ha sempre contro di essa invano esperito.
Maria Rygier ha dato tutta la sua attività alle organizzazioni ed al movimento operaio, e la sua competenza in questo ramo della lotta sociale l’ha pure acquistata sotto i colpi continuati dell’avversione dei poteri costituiti, i cui satelliti invano si accanirono per svellerle l’entusiasmo in essa innato per le folle anelanti a migliorarsi ed a conquistarsi una vita più libera e civile.
Questa è l’opera della donna che si chiama Maria Rygier e che tutte le donne dovrebbero imitare se davvero intendono riabilitare la leggenda della debolezza femminile, che per lei stessa la compagna nostra ha completamente distrutto.
Gli Anarchici sono orgogliosi di avere Maria Rygier nelle proprie file, e debbono combattere per la sua liberazione. Ma reclamarla sul serio, non con vani sentimentalismi retorici, ma reclamandola alto e forte, in faccia al governo, ai deputati della maggioranza e della minoranza, sul muso addomesticato degli ex sovversivi, alla stampa cittadina che dimentica od approva i giolittiani attentati alla libertà. E dobbiamo pure appellarci all’opinione pubblica fraudolentemente fuorviata dal campo della lotta che une volta era il terreno su cui si ingaggiavano audaci battaglie in difesa delle pubbliche libertà.
Noi non pretendiamo Scarcerare violentemente la compagna nostra. In questi tempi in cui la vigliaccheria è la dose superlativa dell’anima umana, e nel momento in cui un po’ tutti si sono adattati ai dolci tepori del benessere largitoci dal brigante di Dronero, sarebbe assurda cosa armata mano assalire il carcere ove Maria Rygier è rinchiusa, e strapparla a viva forza dalle mani dei carcerieri, onde subito ridonarla alla libertà.
Se fosse possibile lo tenteremmo e lo faremmo. Ma l’esperienza ci fa considerare essere codesta una fallibile impresa che la polizia sventerebbe prima di giungere al suo concretarsi. Non per questo però dobbiamo starcene neghittosi ed assistere impassibili alla lenta agonia del debole — e pur capace di nobili ed audaci propositi — fisico di Maria Rygier. Essa è detenuta come preda della questura la quale accanisce su di lei con tutti i tentativi delle medioevali inquisizioni illudendosi di strappare ad essa nel dolore delle sofferenze fisiche e morali, assurde confessioni per reati immaginari, che esistono soltanto nella mente dei suoi carnefici.
E la sua liberazione dobbiamo quindi affrettarla con comizi, manifestazioni, numeri unici, manifestini, sottoscrizioni, tutto quanto insomma di cui è capace l’entusiasmo nostro per giovare alle sorti della eroina dell’Anarchia.
Saremo capaci di far ciò ? Lo domandiamo al popolo tutto, ai rivoluzionari d’Italia, se non hanno ancora dimenticato la fede nelle idee per cui Maria Rygier combatte e per le quali ora soffre nel carcere.
Nel nome di questa valorosa donna affermiamoci nella piazza, e dimostriamo che gli anarchici ed i rivoluzionari nella piazza, e dimostriamo che gli anarchici es i rivoluzionari non dimenticano le vittime che cadono lungo la via seminata di ostacoli e che conduce alla gloriosa mêta emancipazione dei popoli.
Liberiamo Maria Rygier !
I gruppi comunisti anarchico di Roma
Noi ci associamo volentieri al grido di protesta che da ogni parte d’Italia si eleva contro la scellerata polizia italiana che oscura le gesta infami della polizia papale e borbonica, e rimette in vigore la tortura contro la buona compagna nostra, di null’altra cosa colpevole, che di aver sempre pensato ed agito anarchicamente.
Diciamo la parola « tortura » non per un artificioso sentimentalismo, ma perchè polizia e magistratura ai danni di Maria Rygier stanno compiendo una vera e propria opera di tortura morale onde costringerla a rinunziare all’opera sua rivoluzionaria di tutti i giorni, opera che è il patrimonio continuo della idea nostra che il suo ed il nostro cuore riscalda di entusiasmo nella lotta contro la manomissione della libertà e della giustizia umana.
Assiociandoci alla protesta di tutti gli operai e di tanti pensatori, contro la feroce persecuzione di Maria Rygier noi intendiamo associare anche il grido di protesta in favore della liberazione di tutte le vittime politiche del regno d’Italia.
Nelle carceri stanno ancora molti anarchici e rivoluzionari a scontare la colpa d’aver troppo amato un Ideale. Pensiamo ad essi e facciamo sì che un giorno tutte le vittime politiche italiane vedano alfine spuntare la desiata ora della loro liberazione.Viva le vittime politiche ! Onta e vergogna ai loro carnefici !
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 127 (20 luglio 1911), p. 4.
[A proposito del colera]
[A proposito del colera]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Autodifesa di Ravachol]
[Autodifesa di Ravachol]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Emancipiamo la donna !]
[Emancipiamo la donna !]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[II. Congresso anarchico italiano : Roma, 19-22 settembre 1911]
[II. Congresso anarchico italiano : Roma, 19-22 settembre 1911]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La feste monarchiche]
[La feste monarchiche]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La Grande conquista !]
[La Grande conquista !]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La morale dei gesuiti]
[La morale dei gesuiti]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier]
[Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :