Alleanza libertaria (1908-191), l’
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Alleanza anarchica italiana
Cittadini elettori,
In virtù di una illusoria prerogativa statutaria i governanti vi chiamano ad esercitare ancor oggi il mirabolante diritto elettorale, e le sirene del politicantismo, con sfacciata prosopopea, vi consigliano a marciare compatti alle urne par la scelta di coloro che dovranno al Parlamento salvaguardare i vostri interessi e la vostra libertà dalle insidie e dagli attentati dei dominatori e degli avventurieri che militano nelle cricche e nelle camarille della proteiforme tirannide economica, politica e religiosa.
Governanti et politicanti magnificano questa vostra prerogativa come un vero e proprio esercizio di sovranità popolare, mentre non è che la rinuncia della dignità individuale e la dedizione della coscienza collettiva, a tutto profitto degli arruffoni dei molteplici partiti autoritari e dei sicofanti della banda reazionaria che ha nelle mani le redini del potere. Perciò noi anarchici vi diciamo di non prestarvi a questa nuova turlupinatura, respingendo le ingannevoli promesse dei cercatori di voti e le ipocrite adulazioni degli aspiranti alla medaglietta.
Chi vuol dimostrarsi veramente sovrano cioè emancipato da ogni supremazia e da ogni impostura, non deve eleggersi mai padroni, poiché tali sono e non altro i pretesi rappresentanti del popolo al Parlamento, e deve, conseguentemente, disertare le urire e n on votare per nessuno.
Compagni lavoratori,
Voi, più che gli altri, siete in questo-momento oggetto di tutte le tenerezze e di tutte le blandizie dei campioni del politicantismo. Allo di carpire il vostro voto. I candidati si affannano ad assicurarvi l’immediata risoluzione del grave e complicato problema sociale, e tutti giurano mendacemente di condurvi all’indomani della loro rispettiva vittoria nella terra promessa.
E doloroso constatarlo. Coloro che maggiormente avvalorano la menzogna elettorale e danno parvenza di realtà all’utopia delle civili conquiste parlamentari sono appunto certi individui della vostra classe e altri molti appartenenti ad un partito politico che si dice socialista e difensore degli sfruttati e degli oppressi, il quale, di transazione in transazione con la borghesia e defezionando continuamente, ha finito col diventare la negazione assoluta di ogni più elementare principio di uguaglianza e di fratellanza umana.
Ciò non è che la logica conseguenza della tattica legalitaria e della politica parlamentare usata oggi dal partito socialista e da quello repubblicano che, agognando la conquista dei pubblici poteri, concorrono ambedue al consolidamento di uno stato di cose esiziale al benessere generale ed alla realizzazione di un’era di progresso e di civiltà.
Gli anarchici non hanno nulla a rimproverarsi. Essi hanno sempre messo sull’avviso il popolo circa i pericoli del sistema parlamentare, e la storia di tutti i tempi ha dato loro pienamente ragione. Alla borghesia non resta altra ancora di salvezza all’infuori del Parlamento, e contro questo formidabile baluardo dobbiamo dunque, convergere tutta la nostra critica e la nostra azione demolitrice.
Fratelli operai,
Non è dal Parlamento che voi potete sperare la fine dei vostri dolori e delle vostre miserie : non è dal potere, abbia pure l’etichetta socialista, che voi potete attendere la vostra emancipazione, ma soltanto dalla organizzazione sindacale e dall’opera seria e costante della palingenesi rivoluzionaria immune da ogni inframmettenza di politicanti. L’esperienza dovrebbe oramai avervi fatto persuasi che l’allargamento del suffragio elettorale e l’aumentata rappresentanza socialista alla Camera non ha avuto altro effetto che quello di aver dato modo ai governanti di sanzionare la loro opera nefanda in nome della sovranità popolare e del diritto della maggioranza.
Lo spaventoso rincaro dei viveri e delle pigioni, gl’infiniti lavacri di sangue proletari, e la falange innumere delle vittime politiche che stanno soffrendo nelle patrie galere sono là a dimostrare la verità di ciò che noi affermiamo.
Quindi, se non volete rendervi complici dei fedifraghi passati, presenti e futuri, e perpetuare un sistema obbrobrioso condannato a sparire per sempre, astenetevi dal votare, e fate sì che questa vostra astensione sia monito a tutti coloro che vogliono innalzarsi sulle spalle dei miseri, e virile proposito di rivendicazione.
Così e non altrimenti voi potrete dimostrare a tutti gli arrivisti che speculano sulla vostra dabbenaggine che siete nomini e non pecore matte, e che la vostra sovranità consiste nel non voler essere nè servi nè serviti.
Questo è il consiglio degli anarchici, i quali hanno sempre combattuto col popolo e pel popolo, senza chiedere mai nè cariche nè onori, ma smascherando sempre coloro che a tali cose aspirano per soddisfare la loro ambizione di potere e tiranneggiare a loro volta le masse proletarie : e porciò essi sono calunniati e perseguitati dai politicanti, dalle polizie e dai governi di tutti i paesi.
Nessuno si rechi alle urne !
Guerra all’impostura elezionista !
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento et di autorità, n.40 (Roma : 5 marzo 1909), pagina 4.
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L’Alleanza libertaria
A proposito del colera
« Alcune sere fa, il fratello di Mons. Pasquale Gagliardi che fu a Vico per la cresima, ha scritto che in Basilicata (è medico sanitario colà) su 17 casi ci sono stati 7 decessi. Il suddetto vescovo qualche settimana fa ricevette da cos à n tizia che vi è ìl colera…
Così scrive il compagno M. A. da Vico Garganico in una corrispondenza inviata all’Alleanza e pubblicata nel numero 123.
Che il colera sia nel Mezzogiorno o che venga a farci visita periodicamente in Italia ogni anno, non è certo una cosa che deve meravigliarci. A parte la sua potenza infettiva e la propagazione, di esso nelle varie regioni dell’Europa, per il proletariato non rappresenta, invero il flagello più grande da temere, nè la sola falce distruttrice delle massi lavoratrici.
Altri colera, altre malattie ben più gravi sono, taciute, dai pennaiuoli salariati della borghesia, capitalista ; neppure la peste bubbonica ha fatto o farà sì grandi stragi in seno del popolo, quanto ne fa la tubercolosi, la miseria e l’ingorda speculazione degli industriati, ferocemente sfruttatori della classe dei salariati.
In questi giorni si parla di colera ; si ricordano i tempi calamitosi delle stragi avvenute qualche anno fa ; ad ogni istante si chiacchiera d’igiene ; tutti i nostri buoni borghesi parlano e descrivono i mezzi, che possono assicurare il trionfo sul colera e l’estensione dell’igiene ; molti fanciulli, moli adulti muoiono — dicono essi — più che non lo dovrebbero parche l’igiene, la pulizia fa loro difetto ; e buon numero’ di questi cari e buoni filantropi fanno sembiante di un gesto eroico, che deve portare ai lavoratori il rimedio supremo che manca, ed i comforts che la società nega a quest’ultimi.
Intanto, l’operaio, filma tranquillamente la sua pipa, ed aspetta calmo e sereno che i suoi padroni gli portino il rimedio sovrano ed igienico che deve sbarazzarlo della malattia contagiosa e di cui, quasi sempre, è affetto. Ma attenderà chissà per quanto tempo ancora, forse più dell’ebreo cosciente, che si corica la sera sperando di vedere, nello svegliarsi, la mattina poi, l’arrivo del novello Messia.
Poi che i prodi e valenti coltivatori dell’igiene, scicchemente vestiti, in redingote nera, in tuba e guanti, non sognano che una cosa, e cioè di far fiorire la propria bottoniera di qualche rosetta, croce o commedia. In quanto alla saluto degli operai e delle loro famiglie ci pensano talmente poco, che non varrebbe neppure la pen di parlarne. Quando così sarà, vedrete i monti della Svizzera coronati di palmizi e Morgari dividere con Sabbatini la presidenza di un’assemblea anarchica.
Quelli che parlano di colera e d’igiene, gli eroi e he si fanno stampare a grossi caratteri i nomi sui giornali o sui manifesti che parlano della sanità pubblica hanno ben altre faccenduole da sbrigare. Infatti, durante il tempo che essi vanno in automobile, danno appuntamento nei sontuosi saloni della prostituta in voga X… ; camminano sui tappeti della casa di una contessa Trigona qualsiasi, abitano i migliori palazzi delle città, consumano le derrate alimentari della migliore marca, bevono i vini ed i liquori i più prelibati, cosa passa negli abituri e nella quotidiana vita dei lavoratori ?
Essi alloggiano nelle soffitte o nelle cantine, ove l’aria è mefitica e soffocante, in miseri ricettacoli ove delle famiglie numerose sono ammonticchiate o serrate come le sardine in una scatola di latta ; la più parte in quartieri dove le strade sono strettissime e costantemente mal tenute e sudicie, dove il sole è in licenza permanente ; degli odori nauseabondi emanano dalle chiaviche e dalle latrine ammorbando l’aria per ogni dove ; insetti di tutte categorie vi si sono, dati appuntamento a centinaia di migliaia ; l’umidità copre e stilla da tutti i muri come se questi fossero là ad incalanare l’acqua di un acquedotto ; e, se qualche povero diavolo affitta un appartamento un pochino più confortabile, è obbligato di pagare una locazione eccessivamente cara, od una imposta mobiliaria 10 o 21 volte superiore ai suoi fiorai di guadagno.
Ne risulta, che gli operai sono miserabilmente male alloggiati e che l’igiene, per la classe dei paria è semplicemente un mito. Ma un’altra piaga esiste, e non meno grave. L’igiene non concerne soltanto gli appartamenti ; ed il nutrimento, il vestito, lo sforzo eccessivo del lavoro non fanno parte ancor essi dell’igiene ?
Ebbene, parliamoci schiettamente, un operaio può nutrire la sua famiglia ed abbigliarla confortabilmente ? Noi diciamo ; no ; siamo operai ancor noi, e sappiamo quel che vogliamo dire.
Di tanto in tanto, dei signori dai nomi altisonanti, gli uni più celebri degli altri, si riuniscono in congressi e discutono e propongono provvedimenti per l’igiene pubblica. A questi congressi, il punto culminante è il banchetto di chiusura con relativo sopraluogo nei bordelli locali, o nei ritrovi notturni, dove i congressisti geni conducono i colleghi venuti dal di fuori per lasciare qualche centinaio di franchi sotto il rastrello del biscazziere o nelle tasche delle « cocottes ».
Ma che fa intanto ! L’ordine o gli ordini del giorno sono votati. Si penserà all’igiene dei bambini nelle scuole ; dimenticando ad arte che il bambino, mal nutrito, mal vestito avrebbe piuttosto bisogno che nella casa trovasse di che vivere ed i comforts di cui manca e che i genitori non possono assolutamente procurargli.
Ci vuol ben altro che votare un ordine del giorno !
Tutto ciò che la borghesia fa o si propone di fare non è altro che del puro ciarlatanismo, per meglio beffarsi dei lavoratori ed al solo scopo di mantenere i suoi privilegi.
Il proletariato deve, o dovrebbe avere una mentalità più rischiarata ; dovrebbe essere più cosciente dei suoi diritti invece di sottostare idiotamente e tutti i giorni ai molteplici doveri che la nazione gli impone con i suoi codici e le sue leggi. Egli dovrebbe imporsi une solo di questi doveri : quello di difendersi dalle iniquità sociali ed organizzarsi su tutti quei terreni atti alla difesa della vita.
Operai dei campi, delle miniere, di tutte le industrie, comprendete una volta per sempre, chela classe capitalista ha degli interessi tutt’affattop opposti ai vostri ; che la borghesia fabbrica sempre delle armi nuove per combatterci, e che non è soltanto il colera la terribile epidemia che bisogna temere di più.
Se voi riflettete ai casi vostri, tutto ciò che avverrà di peggio, dalla tubercolosi alla morte per consunzione, dalla miseria all’indebolimento fisico per gli pprechi d’energia in un lavoro snervante di molte ore e male retribuito, i mali saranno maggiori e senza speranza di guarigione.
E, se supini, bestialmente offrite il aereo ed i fianchi ai colpi degli sfruttatori, non vi lagnate. È giusto che voi ne riceviate ancora i più terribili, colpi.
L’igiene è un grande e vasto problema che si risolverà soltanto quando la classe che detiene il potere, l’autorità ed i frutti della produzione, sarà sparita dalla terra.
Il vero colera è la borghesia. Essa infetta il popolo peggio della peste ; è ad essa che dovrebbe riservarsi il cloruro di calcio e l’acido fenico.
Sono tante le vittime mietute da questa accozzaglia di briganti, che spaventa soltanto l’idea di mostrarne l’elenco di un’annata.
Riflettete, ripeto, e se credete che io abbia torto tanto, peggio per voi : « Chi pecora si fa, il lupo la divora ! »
Sante Ferrini
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 131 (17 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Abbasso la religione !
Dopo il mese di Maggio, che i preti dicono dedicato alla madre del Rabbi di Nazaret, il mese di Giugno è quello più certamente dedicato alle funzioni religiose della religione cristiana. Diciamo soltanto cristiana, non perchè noi vogliamo combattere unicamente questa speciale interpretazione dogmatica del sentimento religioso ; ma perchè dessa ha più delle altre numerosi e svariati i riti esteriori che sono come le artificiose superfettazioni di ogni sentimento morale. Quindi maggiormente si presta alla nostra critica che se è diretta contro tutto quanto significa adulterazione della coscienza per mezzo del processo artificioso delle impressioni coreografiche.
E senza la coreografia la Chiesa non sussisterebbe vittoriosa — si, diciamola questa dolorosa parola, perchè ancora vittoriosa è — contro tutti i tentativi del progresso e della civiltà, che si affannano inutilmente a strapparne il carico nefasto dalla mente umana. Il materialismo ed il razionalismo hanno un bel predicare la falsità della religione e dei suoi dogmi : essa non contrappone alle verità scientifiche la dimostrazione del problema religioso come elemento di effettiva esistenza naturale : nè s’incarica di studiare le molteplici obiezioni che si oppongono al culto.
La chiesa, quando la verità minaccia di arrivare fino alle trincee del pregiudizio religioso e di smantellarlo e diroccarlo, non usa la discussione dal pergamo o sui libri, ma si affatica soltanto a tirar fuori dai magazzini tutte le sue menzogne ; le icone dorate, i candelabri dai ceri artistici, i panneggiamenti lussuosi, i calici e le pissidi preziose, che con gran concerto di preci e di inni costuma portare que e là in processione, a rinverdire con l’apparato scenico la fede dei minchioni, a colpire con l’imponenza dei corteggi la crescente audacia di coloro che si avventano contro la religione per strapparle il mal dominio degli animi.
Oh, fossero pel prete altri tempi, chè altre armi allora adopererebbe, e se men pubbliche, forse, certamente assai più funeste e persuasive. Ora adopera la sottomessa ciarla dei suoi cori ed il canto delle beghine, ma volentieri riprenderebbe la corda e la scure per soffocarla sui patibolo, le chiavi e le catene per rinserrarla nelle prigioni, la voce della scienza e della coscienza che hanno sempre — malgrado i patiboli, le segrete, gli esili e le torture — chiesto ai preti della Chiesa di Roma di smettere l’imperio nefasto delle loro bestemmievolissima religione, sulla volontà dei popoli.
***
Nel mese di Giugno, sotto mille pretesti, si spolverano nelle sacristie tutte le più tarlate macchine dei santi e delle madonne, ed al suono delle musiche, coperti di paramenti da carnevale, accompagnati da donne volgari e femminucce isteriche salmodianti con voce non si sa se più da festino o da mortorio, prendono in giro la superstizione popolare, che ingrandiscono a dismisura promettendo mari e monti dalla rinnovata manifestazione di zelo cattolico apostolico romano, eseguita per le strade sotto il naso dei curiosi assiepati nei marciapiedi ad ammirare idiotamente od a guardare con, mal celato disgusto, la superlatività della ignoranza umana.
Cosa rappresentano pel prete quelle immagini spesso trucemente ridicole, e talvolta sodomisticamente untuose, che minacciano con impotente atto d’ira o supplicano con strisciante umiliazione ? Che vuol dire quel Cristo trasformato in mille modi ed in mille emblemi, ridotto in croce come si volle lo mettessero gli ebrei o plasmato in una ferina ostia come l’involucro d’un qualunque pasticcio ? E quei labari e quegli stendardi dai colori più sbiaditi come più accesi, dai bordi d’oro e d’argento che scintillano come vessilli dati per premio in qualche concorso commerciale o carnevalesco ? E quei bimbi dalle ali d’angelo, quelle bambine velate che sembrerebbero le statue funeree della verginità colpita dalla morte ; quelle donne giovani ed adulte che a tratti s’inginocchiano e cantano preci battendosi il petto come le più miserabili ostinate peccatrici ? E quel corteggio di uomini di tutti i ceti, di tutte le barbe, che assistono indifferenti ed oziosi allo spettacolo che davanti a loro si avvicenda come il succedersi delle scene del teatro nella rappresentazione d’une delle più stupide operette teatrali ?
Sono tutte queste cose e tutti quei cosi il monumento perenne della potenza clericale e religiosa, ormai ridottasi a vivere di fosche luci e di rade larve, avanzi rimasti del tremendo festino che costumava tutti i giorni apparecchiarsi per imporre all’urbe la potenza del sacerdozio e la volontà inesorabile dei sacerdoti. Scoprite quei lembi di stoffa che avvolgono le immagini, raschiate le dorature di quelle statue, spezzate quelle icone ploranti e sanguinose, udite il palpito del cuore di tutta quella gente che s’indugia intorno alla processione, interrogate quei bambini e quelle bambine, e poi osate ancora negare che la Chiesa Cattolica è le meretrice più infame es abietta, ministra d’iniquità e di menzogna, bestemmiatrice di ogni precetto del vero, simoniaca e maledetta, stupratrice del corpo, corruttrice delle anime.
Quante statue furono di Nerone e dei più tristi tiranni del mondo, e pur oggi sono intitolate ai santi del calendario ed alle varie madonne poste nei templi alla venerazione dell’idolatria ?
Molti di quei cortinaggi sacri e che han bande di porpora e di oro, non servirono a cuoprire i truci amori borgiani, le orgie dei cardinali, a dividere le alcove da bordello delle varie Maddalene fino a Margherita da Cortona, santa e ruffiana ?
Domandate a quella gente che costituisce l’uniforme e sempre uguale seguito delle passeggiate chiesastico-carnevalesche, perchè s’indugia a far atto di presenza alle folle mascherata ? Non vi diranno costoro che il premio di quella presenza è un tozzo di pane — non regalato, come i pagani di Roma facevano gettando nel ventre della plebe tutti i granai del mondo — ma fatto sudare aspramente, e spesso compenso compenso di un infame crumiraggio che è l’opera sempre fratricida del prete contro i lavoratori che non vogliono piegarsi alla maladetta verga del capitale ?
E quelle bambine, quei bambini, non vi rammentano tutti i luoghi ove il prete impone alle famiglie il concorso dei piccoli infanti nelle sue sacre botteghe, col pretesto di sanar quei corpi insieme con le anime, insozzandoli invece con la lue sifilitica ed i peggiori mali celtici, dopo il supplizio infame dello stupro e della sodomia.
Chi di loro fu più turpe e lutulento tiranno dei popoli ? Anche l’alcova fu occupata dal peggior meretricio nelle istesse stanze del papa. Non furono fornicatori ed adulteri, Giovanni X, Sergio III, Gregorio VI, Alessandro VI, Pio IX, per non parlare d’un papa-donna, Giovanni XII ? Chi fu più ladro di Stefano II che falsò la donazione di Pipino ; usuraio quanto Giovanni XXII che lascio 100 per cento ; immorale in tutto e per tutto come Clemente VI ; omicida della risma di Bonifacio VII, Gregorio V ; più volpe, cane e leone di Bonifacio VIII come si legge in un epitaffio del tempo ?
Tali le glorie del cattolicesimo che ha ancora l’ardire di trascinare per le vie e le piazze di Roma le sue processioni, illudendosi che esse possano inoltrare begli uomini un sentimento di ammirazione per la Chiesa e quindi nuovi fedeli a cui spillare denari e vergini ; mentre tutti i corteggi sacerdotali, al popolo di Roma specialmente, non possono rammentare che i tristi funerali ai vivi che facevano capo a Castel Sant’Angelo, a Piazza dei Cerchi, a Piazza del Popolo, a Campo di Fiori, ove si mozzarono le teste di Crescenzio e di Beatrice Cenci, e si bruciarono nei roghi, martiri come Aonio Paleario, Arnaldo da Brescia e Giordano Bruno !
Dite tutto questo ai preti, gridateglielo sul grugno, mentre i cortei della più falsa di tutte le religioni imperversano a ricordare di Cristo, non le dottrine dello « straccione di Galilea », ma i precetti che furbi intriganti han qualificato per massime sue.
E trista ora sarà per le religioni e le tirannidi, quella in cui i popoli si accorgeranno chi sieno i preti, i re e tutti i dominatori !
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 123 (15 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Autodifesa di Ravachol
Se io prendo la parola, non è già per scollatimi degli alti di cui mi, si accusa, perchè solo la società che con la sua organizzazione mette gli uomini in lotta continua gli uni contro gli altri, è responsabile : e infatti non si vedono oggi in tutte le classi delle persone che desiderano, non dirò la morte ; perchè ciò suona male all’orecchio, ma la disgrazia dei loro simili, de questa può recare vantaggio ? Una padrone non fa egli voti perchè un suo concorrente scompaia ? e in generale tutti i commercianti non vor ebbero essere soli ad esercitare il loro ramo di commercio ? e l’operaio senza impiego non augura — per avere del lavoro — che per un motivo qualunque, quello che è occupato venga licenziato dall’opificio ?
Ebbene, in una società in cui producono fatti simili, non si deve essere sorpresi di atti del genere di quelli che mi si rimproverano, i quali non sono che la conseguenza logica della lotta per l’esistenza che si fanno gli uomini, costretti, per vivere, ad impiegare ogni specie di mezzi.
E poiché ciascuno è per sè, e quando è stretto dalla necessità non ha tanto di pensare, così io non ho esitato, quando ebbi fame, ad impiegare i mezzi che erano’ a mia disposizione, a rischio anche di fare delle vittime.
I padroni che licenziano degli operai, si inquietano se questi vanno a morire di fame ? Tutti quelli che hanno del superfluo si occupano della gente che manca il necessario ? V’hanno taluni che danno dei soccorsi, ma essi sono impotenti a sollevare tutti quelli che sono nella necessità e che morranno prematuramente in seguito ad ogni sorta di privazioni o volontariamente col suicidio, per mettere fine ad una esistenza miserabile e non aver più a soffrire la fame, le vergogne, lo umiliazioni innumerevoli, senza la speranza ch’esse finiscano.
Coni hanno fatto la famiglia Hayem o la donna Soubeim, che diede la morte ai suoi bambini per non vederli più a longo soffrire ; e cosi fanno tante donne che nella tema di non poter nutrire un bambino, non esitano a compromettere la vita e la salute pur di distruggere nel loro sono il frutto del loro amore.
Il tutto questo avviene in Francia deve regna l’abbondanza, dove le macellerie sono piene di carne, le panetterie di pane ; dove le vesti e le calzature sono ammassate nei magazzini, dove vi hanno appartamenti vuoti ; ma come ammettere che tutto va bene nella società, quando il contrario si vede così chiaro ?
Ci saranno colore che piangono queste vittime, ma poi diranno che essi non ne hanno colpa, o che ciascuno se la sbrogli come può, Ma che cosa può fare colui che manca del necessario, se non ha più lavoro, non ha che a lasciarsi morire di fame. Si getterà qualche parola di pietà sul suo cadavere, e tutto sarà finito. Ora io questo ho voluto lasciare ad altri ed ho preferito di farmi contrabbandiere, falso monetario, ladro o uccisore, assassino. Avrei potuto mendicare, ma ciò è degradante e vile : e ancora é punito dalle vostre leggi, che fanno un delitto della miseria.
Se tutti i bisognosi invece di attendere, prendessero dove ce n’è, non importa con quali mezzi, i soddisfatti capirebbero forse più presto che è pericoloso il voler consacrare lo stato sociale attuale, in cui l’inquietudine è permanente e la vita minacciata ad ogni istante ; e si finirebbe più presto col comprendere che gli anarchici hanno ragione quando dicono che per avere la tranquillità morale et fisica, bisogna distruggere le cause che generano i delitti e i delinquenti, e non già opprimere colui il quale, piuttosto che morire di morte lenta per le privazioni, preferisce — se ha un po’ d’energia — prendere violentemente ciò che può assicurargli il benessere, sia pure a rischio della vita.
Ecco perchè io ho commesso degli atti che mi si rimproverano e che non sono che la conseguenza dello stato barbaro d’una società che non fa che aumentare il numero delle sue vittime con il rigore delle sue leggi, le quali incrudeliscono contro gli effetti, sanza mai toccare alle cause.
Si dice che bisogna essere crudeli per dare la morte al proprio simile ; ma quelli che parlano così non pensano che non ci si decide a questo passo, se non per evitarla essi stessi. E voi pure, signore giurati, che certo mi condannerete a morte, perchè credete che questa è una necessità e che la mia scomparsa sarà una soddisfazione per voi che avete orrore di veder colare il sangue, voi stessi, quando crederete che sarà utile il versarlo, non esiterete più di me a farlo : con questa differenza, che voi lo farete senza correre alcun danno, mentre al contrario io agivo con rischio e pericolo della mia libertà e della mia vita.
Ebbene, signori, non vi hanno fin dei delinquenti da giudicare, ma della cause dei delitti ta togliere.
Creando gli articoli del Codice, i legislatori hanno dimenticato che essi non attaccavano le cause, ma solo gli effetti ; le cause persistendo sempre, anche gli effetti sempre ne deriveranno ; e sempre vi saranno dei delinquenti, perchè oggi voi ne distruggete uno, domani ne nasceranno dieci.
Che bisogna dunque fare ! Distruggere la miseria, questo germe del delitto, assicurando a ciascuno la soddisfazione di tutti i suoi bisogni. E come ciò sarebbe facile a realizzare ! Basterebbe stabilire la società sopre nuove basi, in cui tutto fosse in comune, producendo ciascuno secondo le sue attitudini e le sue forze, e consumando secondo i suoi bisogni.
Allora non si vedrà più della gente mendicare un metallo di cui poi diviene lo schiavo, non si vedranno più le donne cedere le loro grazie come una volgare mercanzia in cambio di questo stesso metallo, che così spesso c’impedisce di riconoscere se l’affezzione è sincera : non si vedranno più nomini come Pranzini, Prado, Anastay e altri, che sempre per avere questo metallo, giungono a dare la morte. Ciò dimostra che la causa di tutti i delitti è sempre la stessa, e che bisogna essere insensati per non vederla. Sì : lo ripeto, è la società che fa i malfattori ; e voi, giurati, in luogo di colpirli, dovreste impiegare la vostra intelligenza e trasformare la società.
Io non sono che un operaio senza istruzione, ma ho vissuto l’esistenza dei miseri e sento l’iniquità delle vostre leggi repressive. Dove prendete voi il diritto di uccidere o di rinchiudere un uomo che, messo al mondo con la necessità di vivere, si è visto, nella necessità di prendere ciò di cui mancava per nutrirsi ?
Io ho lavorato per vivere e per far vivere i miei, e finchè io e i miei non soffrimmo troppo, sono rimasto quelle che voi dite onesto. Poi il lavoro è mancato ed è venuta la fame. Ed è allora che questa grande legge della natura, questa voce imperiosa che non ammette replica, l’istinto della conservazione, mi spinse a commettere certi delitti, che voi mi rimproverate e di cui mi riconosco l’autore. Giudicatemi, ma se voi mi avete compreso, giudicandomi, giudicate tutti i disgraziati di cui la miseria alleata alla fierezza naturale, ha fatto dei delinquenti, di cui la ricchezza, o solo l’agiatezza, avrebbe fatto degli uomini come tutti gli altri.
Ravachol
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 130 (10 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Emancipiamo la donna !
Abbattere la superstizione religiosa, spogliare dalle consunte forme tradizionali il pensiero umano con un’educazione che sviluppi l’individualità e la coscienza intima in modo che ogni essere agisca secondo il proprio volere e trovi de sè la via da percorrere, l’ideale al quale dedicarsi, la fede che risponda alle sue interiori convinzioni, questo è lo scopo a cui mira il libero pensiero. Combattere le vecchie idee di schiavitù e di asservimento, elevare la personalità femminile, aprire alla donna tutte le vie civili, e sociali in modo che essa non conduca più la vita parassitaria che le è imposta, ma possa scegliere liberamente tra tutte le attività umane la più adatta alla sua felicità epperciò la più utile agli altri, e possa la donna portare anch’essa in tutti i rami della via famigliare e civile il suo sano criterio, è compito di coloro che pensano a migliorare le condizioni morali dell’elemento femminile.
Stretti rapporti esistono dunque tra questi due ideali basati sullo stesso principio : giustizia e dignità umana.
Non è giusto che l’uomo porti il fardello degli errori, delle necessità del passato, e costringa la gioventù ad immobilizzarsi per timore di deviare da una via tracciata, non è giusto che la donna nuova stia ignobilmente sotto il peso di tradizioni ataviche ; non è dignitoso per tutti gli esseri umani di venir considerati come eterni minorenni a cui s’impone di ubbidire e tacere, di accettare senza discussione le idee, e supratutto di accogliere ciecamente sotte pretesto della fede, tutto un sistema d’idee non pensate, non sentite, spesso mandate a memoria meccanicamente, come le poesie dei bambini.
Giustizia e dignità umana sono i moventi del libero pensiero che mira una altra rivendicazione : quella della personalità cosciente. Contro l’individualità cosciente di è levato sempre un formidabile nemico attraverso i secoli : il dogma religioso.
Il dogma religioso (assai diverso dal sentimento religioso) è partito da un concetto assolutamente errano, volendo unificare il pensiero umano che è così vario e plasmare tutti gli esseri così diversi e molteplici ad un solo credo — ciò che è contro la natura che dà ad ogni essere un diverso organismo, con diverse attitudini, potenzialità e disposizioni. Il dogma religioso, come ha cercato di schiacciare la voce solitaria ed interna che si leva ribelle dal fondo d’ogni anima umana, ha cercato di annientare la donna decretandone l’inferiorità psichica.
Tra le religioni europee, la cattolica è quella che più delle altre ha esercito questa malefica opera demolitrice dell’individualità.
Ha torturato i ribelli, combattuto gli scienziati, perseguitato i dissidenti ed ha tenuta schiava la donna con paure, teorie, precetti mistici e la più oscura ignoranza. Ma se il libero pensiero è germogliato più sacro dal sangue dei martiri ribelli, la donna è stata oppressa e depressa dall’educazione clericale ed ha subite conseguenze gravissime e deplorevoli dalle quali, a stento e col tempo, potrà solo liberarsi.
Poichè spesso avviene che la morale sociale è la morale religiosa, e ciò è anche più vero rispetto all’educazione della donna : il cattolicismo le ordinava di obbedire e di tacere, di servire l’uomo e di chiudersi fra le mura domestiche e le leggi conseguentemente la esclusero da ogni diritto, la condannarono ad una perenne tutela, ne vollero disconoscere la capacità, il buon senso e la più limitata intelligenza. Cristo aveva innalzato la dignità femminile parlando d’uguaglianza delle anime senza tener conto del sesso, ma la chiesa cattolica, i santi padri ed i grandi teologi la cercarono di annientare, perchè compresero la grandissima importanza di avere la donna con sè, e per asservirla le tolsero l’idea di quell’emancipazione, che sancirebbe una grande verità religiosa in base a tutte le altre unità del genere umano e associerebbe alla ricerca del vero e del progresso comune una somma di facoltà e di forze isterilite in oggi, da quella inferiorità che dimezza l’anima. E la chiesa cattolica non ha dimezzata, ma uccisa la cosciente femminile sotto il peso d’una rassegnazione pue ile e d’un servilismo avvilente.
Se il Libero Pensiero si è mantenuto, anzi diffuso maggiormente attraverso i periodi di persecuzione, non atterrà però il finale trionfo se prima non avrà cercato d’avere con sè la donna, che informa l’anima umana, che getta i primi semi di luce nel cuore del fanciullo, che dà il carattere alla famiglia ; ed è proprio e solo la famiglia che può più delle scuole e della società formare la coscienza individuale.
La scuola compie l’opera materna e deve essere necessariamente laica e diretta ad un concetto morale assai diverso da quello al quale si è fino ad oggi ispirata, e specialmente le scuole femminili devono essere riformate e si dovrebbe assolutamente impedire agli istituii religiosi d’impartire l’educazione. Come possono preparare alla vita esseri che ad essa hanno rinunciato e che la guardano da un punto di vista così lontano dalla realtà, dalla pratica e dalla morale umana ?
Il Libero Pensiero deve volere non solamente la scuola laica ma la riforma nell’educazione attuale, il divieto di impartirla a chi non ha e non può averne l’esperienza necessaria ; deve volere che tutti gli sforzi siano diretti a sviluppare la coscienza individuale sanza distinzione di sesso.
Il Libero Pensiero che non fa mai distinzione di sesso, è una rivolta dell’anima moderna contro le antiche forme della morale religiosa, che ancora mascherate, dominano la morale umana ; è un raggio del gran sole della libertà che vuole illuminare le grandi tenebre della notte medioevale non ancore, non mai superata.
Rivolta calma et cosciente, che porti ad un’intima rivoluzione d’idee ; poichè noi non possiamo accettare ibridi connubî, connubî che la chiesa per solo opportunismo caldeggia, tra ideali moderni e vecchie consuetudini. Noi non possiamo accettare le nuove parole del progresso senza che ad esse risponda la sostanza, noi siamo assetati di sincerità dopo tanta ipocrisia, noi vogliamo liberarci da questa « menzogna di religione, sorgente perenne di corruttela e di immoralità, insegnamento di menzogna alle moltitudini » per arrivare (se vogliamo avere una religione) a quella che « costringe gli uomini a tradurre in fatto il pensiero, ad armonizzare la vita pratica col concetto morale ».
Il Libero Pensiero non può e non deve fermarsi solo alle teorie ma scendere nel campo della vita pratica ed accogliere tutte le manifestazioni civili dell’anima umana e tra queste ; l’emancipazione della donna : e combattere per essa.
Ma l’emancipazione della donna non si potrà fare senza demolire il dogma religioso che consiglia alla donna la rassegnazione, la passività ; agire invece bisogna, ribellarsi alla schiavitù e al dominio del maschio, estirpare la convinzione che la donna non abbia una vita a sè ; ma che quanto l’uomo essa ha un fine individuale un cervello proprio, una missione particolare e perciò anche il diritto alla stessa libertà d’agire e di pensare. E questa libertà, che i liberi pensatori propugnano sia data a tutti indistintamente, e più a quella parte dell’umanità che pure lavorando e soffrendo non solo contribuisce al progresso ed all’equilibrio della società, ma che avendo una particolare missione creatrice ed educatrice, ha nella mani le sorti dell’umanità stessa.
Il trionfo del Libero pensiero non potrà avverarsi senza la redenzione della coscienza della donna, e l’uno e l’altro di questi ideali si possono e si debbono accompagnare e sorreggere nell’aspro cammino da percorrere.
Il progresso dell’una idea segna la vittoria dell’altra, e nessuna forma dogmatica può riconciliarsi colla sincera convinzione del libero pensiero, che sdegna ogni restrizione dogmatica e si lancia all’avvenire per la conquista d’una giustizia e felicità terrena, in nome di una fede che ha le sue radici non nella potenza divina ma nella logica es esperienza razionale, non nella rassegnazione e nell’ignava ma nella ribellione e nella vita attiva ; ha le sue radici non in un mondo ignoto, lontano ed incompreso, ma nel cuore stesso dell’uomo che porta in sè il proprio destino lieto o triste, fede umana in una grandezza morale verso la quale l’umanità cammina.
La donna non conquisterà quindi la uguaglianza di libertà, di diritti e di morale se non dopo aver abbattuti i dogmi delle religioni che hanno ispirato i dogmi convenzionali e morali, che oggi sanciscono la sua inferiorità, la sua schiavitù.
***
L’ora della rassegnazione e delle sommissione predicata da tutte le chiese è oramai oltrepassata. Abbiate dunque il coraggio di affermare questa vostra nuova fiera personalità d’individui coscienti.
Unitevi in una più grande e forte lega emancipatrice, voi che sentite tutta la bellezza della lotta femminile integrata nella lotta contro tutti i dogmatismi ; in una più grande et forte lega che senza titubanze, con azione libera, ferma ed energica muova alla conquista dei vostri diritti.
Venite a noi, o libere pensatrici con solidarietà d’indirizzo, di tendenze e di aspirazioni, formate il drappello d’avanguardia che scuota la generale apatia e l’incertezza del presente movimento che aspira alla vostra redenzione.
Nel nome del Libero Pensiero - formate la nuova falange sacra alle conquiste dell’Avvenire.
I gruppi femminili aderenti all’Assoc. Giordano Bruno
Roma, giugno 1911.
Dalla sede sociale di Porta Angelica 25
di fronte al Vaticano.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 125 (29 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
II. Congresso Anarchico Italiano
Roma, 19, 20, 21, 22 settembre 1911
I Gruppi communisti-Anarchici di Roma, con l’asesione di numerose località d’italia, hanno convocato il II. Congresso Anarchico Italiano. Esso si terrà in Roma, inaugurando i suoi lavori il 19 settembre, nella sede della Federazione del libro, in Via S. Bartolomeo dei Vaccinari 29 p. p. (presso ponte Garibaldi).
Le ragioni che hanno determinato i compagni di Roma a convocare questo Congresso sono molteplici. Esse sopratutto consistono nella necessità, da tutti riconosciuta, di coordinare il lavoro di propaganda per la diffusione delle idee comuniste-anarchiche, e di rafforzare le nostre file onde gli eventi non ci colgano più alla sprovvista, poichè, l’azione nostra che da qualche tempo si è resa sempre più discorde e slegata, rende ognora impossibile l’intensa preparazione di un movimento rivoluzionario.
Si tratta, in sostanza, di intenderci personalmente onde eliminare gli equivoci che ci dividono, e stringerci fraternamente in una compagine combattiva e solidate, riunendo le nostre forze, sommando i nostri sagrifici, affinchè l’attività nostra si disperda in duplicate e talvolta concorrenti iniziative, ma si spieghi concorde ed efficace nell’esplicazione di un lavoro omogeneo e proficuo, dedicato più che altro alla preparazione rivoluzionaria.
Ecco, in succinto, lo scopo che ci muove a radunare in Toma i compagni d’Italia, a discutere dei nostri interessi e concretare insieme le comuni proposte ed iniziative. Nessuno può dissimularsi la importanza di queste ragioni, e disimpegnarsi del sacro dovere di portare il prezioso contributo della sua presenza e della sua attività el Congresso di Roma.
Ci aspettiamo quindi numeroso il concorso dei comunisti anarchici d’Italia, i quali, siamo certi, sapranno corrispondere con entusiasmo all’appello che la città del trono e dell’altare, a loro dirige in questo momento in cui il proletariato più che mai ha bisogno che risorga dal suo letargo la frazione più audace dell’elemento rivoluzionario d’Italia.
***
Concordemente ella volontà nostra e di tanti compagni che attendono ansiosi il momento di iniziare un periodo di azione rivoluzionaria energica e fattiva, abbiamo creduto opportuno di chiamare a raccolta soltanto coloro che sono d’accordo nelle idee comuniste-anarchiche, cioè sono convinti della necessità del principio di associazione, nelle sue forme generali, e riconoscono che la società umana andrà, evolvendosi mediante la esplicazione delle leggi naturali della solidarietà e della uguaglianza, col contributo mentale e fattivo degli individui e delle collettività.
Epperciò, affermata la base teorica pregiudiziale, entro cui dovrà contenerci il Congresso, si è resa inutile ogni discussione dottrinaria che pur soddisfacendo il nostro desiderio di discutere e di sapere, ci toglierebbe tuttavia il tempo che ci necessita per espletare del tutto quel lavoro pratico che abbiamo il desiderio di concludere ad ogni costo, e per il quale soltanto, gran parte dei compagni d’Italia hanno affermato la necessità del Congresso.
il confronto fra le varie frazioni dell’anarchismo avvenne già nell’altro Congresso Anarchico Italiano, tenuto in Roma nel 1907, e vi fu completamente esaurita e definita la questione teorica. Individualisti e comunisti anarchici discussero fraternamente, serbando poi ciascuno inalterate le proprie idee. Nessun fatto nuovo è venuto oggi a persuaderci della utilità di riprodurre di nuovo il dibattito.
Si è reso invece necessario il proposito di chiamare gli elementi communisti-anarchici ad un Congresso Nazionale che avesse per unico scopo di concludere una intesa maggiore di quella occasionale e che avviene nei rari giri di propaganda, nelle corrispondenze dei nostri giornali, o per le semplici relazioni personali.
Al Congresso sarà quindi discusso il seguente
Ordine del giono
1. Organizzazione anarchica : (gruppi locali, federazioni di città, regionali, nazionali, segretariati) ;
2. Propaganda ed iniziativa : (conferenze e giri di propaganda, manifestazioni, commemorazioni, ecc.) ;
3. Stampa : (giornali, riviste, biblioteche, editrici, numeri unici) ;
4. Associazioni antireligiose, antimilitariste, scuole moderne ;
5. Eventuali.I relatori saranno scelti un mese prima della data del Congresso, ed i loro nomi saranno comunicati a tutti gli aderenti. Le relazioni saranno pubblicate nell’Alleanza libertaria, od in appositi fascicoli.
Il Congresso sarà inaugurato la sera del 19 settembre con una Conferenza anarchica tenuta da oratori scelti tra gli aderenti al Congresso. Nel pomeriggio del 20 settembre, avrà luogo una manifestazione commemorativa di Carlo Pisacane, uno dei precursori dell’anarchismo, aggredito e massacrato nel glorioso fatte d’armi di Sapri nel 1987. Gli anarchici si recheranno in corteo al Gianicolo a deporre una corona sull’erma sua che sta sullo storico colle sacro a Roma rivoluzionaria. Ivi parleranno i nostri oratori. I Gruppi Anarchici sono tenuti a mandare anche i loro vessilli.
***
I contributi per le spese ingenti da sostenersi per la buona riuscita del Congresso, sono così fissati :
Gruppi e Federazioni : Lire Sei (per 2 rappresentanti) ;
Congressisti aderenti individualmente : Lire Tre ;
Gruppi di Roma : Lire Dieci (per 2 rappresentanti) ;
Congressisti di Roma, aderenti individualmente : Lire Una ;
Giornali anarchici : Lire Dieci (per 1 rappresentante).Occorendo votazioni sarà adottato il sistema di far votare soltanto i rappresentanti di tutti i Gruppi, Federazioni e giornali nostri, e due congressisti per ciascuna località (esclusa la città di Roma) che abbia soltanto adesioni individuali. Gli altri avranno tuttavia diritto pieno ed intero di partecipazione alla discussione. Abbiamo deciso questo perchè il valore statistico od impegnativo delle deliberazioni non sia alterato da votazioni artificiose.
Un Ufficio Stampa funzionerà al Congresso, onde le deliberazioni sieno rese pubbliche nel più breve e nel miglio modo possibile. Il resoconto cerrà stenografato da persona di nostra fiducia.
***
Attendiamo ora che i fatti convalidino le nostre speranze e che quindi il Congresso riesca una solenne manifestazione di forza e di energia anarchica, nella istessa ora in cui un popolo balordo ed incosciente si lascia adescare dalle stupide e menzognere seduzioni d’un patriottismo che specula cinicamente sulla molla dell’entusiasmo facilone del volgo, per sfruttare a proprio beneficio le feste del cinquantenario della cosidetta unità italiana.
Arriverderci al Congresso !
La Commission esecutiva
Casadei Mario - Ceccarelli Aristide - Faina Umberto - Luciani Renato - Masseroni Emilio - Melinelli Giuseppe - Merlini Umberto - Monticelli Temistocle - Paoletti Lorenzo - Perrella Angelo - Recchi Gaetano - Sacconi Riccardo - Sottovia Ettore - Stagnetti Spartaco - Varagnoli Eolo.
Roma, luglio 1911.N.B. — Le adesioni, accompagnate dal relativo importo, debbono esclusivamente essere indirizzate al compagno Ettore Sottovale, Via Famagosta 45, int. 5 - Roma. Ogni altro indirizzo equivale a disguido. Al medesimo indirizzo debbono chiedersi le informazioni per i ribassi ferroviari, tessere, alloggi, ecc. Agli aderenti verrà subito spedita, a mezzo di lettera raccomandata, la tessera del Congresso. È necessario perciò che gli che gli interessati sollecitino la corrispondenza, e che i Gruppi nell’indicare la loro adesione ci facciano sapere i nomi di coloro che inviano personalmente a rappresentarli.
Di ogni adesione e delle somme in danaro inviateci sarà costantemente data ricevuta in apposita rubrica sul giornale.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 126 (6 luglio 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Il censimento laico
Cittadini !
L’11 giugno avrà luogo il censimento generale della popolazione italiana, e la scheda individuale conterrà anche questa volta l’8. quesito sulla religione. I preti quindi se ne potranno destramente servire, premendo sulle beghine e approfittando degli analfabeti, per dimostrare che l’Italia è totalmente cattolica, e con diritto aspira al potere papale. Pertanto noi dobbiamo metterci in guardia contro queste mene pretesche, e anzi dobbiamo additarvi il dovere che incombe in chiunque non abbia perduto la memoria dell’antico servaggio, ma abbia compresso la missione civile dei tempi.
Voi sapete quante lacrime, quanto sangue, quanta vergogna costi ai popoli la religione cattolica ! Sapete com’essa abbia violate, calpestate le leggi più sante della Natura, col Sacerdozio ; dell’Umanità, colla Inquisizione ! Sapete com’abbia reietto, maledetto, coll’Indice, il Genio e il Progresso ; col Monachismo, il Lavoro l’Amore e la Vita ! Col cattolicismo, per salire alle immaginarie beatitudini celesti, bisogna ben discendere nelle materiali abbiezioni umane, come il beato Labre e sant’Antonio ! Col cattolicismo è per cattolicismo, legittimata, santificata è in Lojola l’ipocrisia, è in Guzman la ferocia, è in Alfonso l’immoralità. E osereste dichiararvi cattolici ?
V’è al contrario una face radiosa che illumina le coscienze, e le nobilita, e le dischiude all’amore di tutto ciò che è bello, di tutto ciò che è buono ; una face che s’accende nelle menti, e le ravviva, e le feconda, e dà loro il volo dell’aquila per esplorare gli orizzonti più lontani, per raggiungere le regioni più eccelse ; una face che procura all’Umanità tutt’un patrimonio meraviglioso di conquiste e di scoperte le più svariate e poderose ; una face che la muove quotidianamente sempre più avanti e sempre più in alto, all’ultima conquista della Città zoliana della scienza e della giustizia.
Questa face radiosa che non conosce nazionalità, perchè dovunque un uomo cammini, ella s’accende, è il Libero Pensiero ; e quindi dovrà per voi esser anche un onore chiamarvi militi di questa potenza che ha strappato il nome di quelle religioni che le si oppongon barbare, rispondere all’8. quesito che siete solamente Liberi Pensatori, perchè il nuovo censimento dimostri al mondo che pur l’Italia cammina, che l’Italia è laica, l’Italia è civile !
Senigallia… La Sezione del Libero Pensiero.
***
Il manifesto lanciato dalla Sezione Senigalliese del Libero Pensiero accenna cosa di non trascurabile importanza. È avvenuto nell’ultimo censimento, che quasi tutti coloro che non credevano alla religione cristiana nè ad altra religione, lasciarono in bianco lo spazio destinato ad indicare la specifica della confessione religiosa a cui appartenevano ; onde ne venne che costoro furono arbitrariamente classificati tra i cattolici, per il fatto — si volle insinuare — che la omissione doveva autorizzare la commissione del censimento a ritenerli per individui comunemente seguenti le pratiche della religione che è riconosciuta per culto ufficiale dallo Stato italiano.
Figuriamoci con quale giubilo la pretaglia, pur consapevole dell’equivoco, deve avere scroccato i seguaci che le sue statistiche non sapevano, ma che un artificioso censimento, pur tuttavia laico, al prete regalava ingrossando le decimate orde del fanatismo e della superstizione.
Noi intendiamo provvedere onde stavolta il caso non si ripeta, giacchè non crediamo che le conseguenze di questa alterazione di cifre sieno così trascurabili come finora si è creduto. Il trionfo del prete, ossia della preponderanza della religione nella popolazione, è importante trionfo per tutti i poteri dell’oscurantismo il quale vedutesi ingrossate le fila da insperato soccorso, si promette poi maggiori trionfi. E continua allora non maggior zelo a predicare la menzogna e l’infamia ovunque, arcisoddisfatto dell’insperato risultato attenuto, auspicando maggiori successi nell’avvenire.
Che figura faremo allora noir, che diciamo ormai sempre debellato il serpente clericale, che in tutte le occasioni annunziamo portentosi e proficui i risultati della nostra propaganda antipretesca ed antireligiosa, quando per nostra istessa trascuratezza e negligenza, ci vedremmo dar torto dalle cifre, che sono, senza attenuazioni, le inesorabilissime misuratrici della validità effettiva delle maggioranze e delle minoranze !?
Di qui la necessità di fare appello a tutti coloro che davvero sono liberi pensatori, onde facciano in modo che l’attuale censimento parli con la veritiera eloquenza delle sue cifre, dimostrando ai parassiti che popolano le chiese ed i conventi, che la grande maggioranza dei cittadini non crede più alle religioni, qualunque esse siano, e così persuadere maggiormente il maiale nero ad andarsene altrove.
***
Gli anarchici d’Italia diano l’adesione a questa utilissima e cosciente iniziativa che costa solamente della convinzione ed un po’ di buona volontà. Noi non siamo dei mangiapreti di professione, nè combattiamo il clericalismo per quistione di concorrenza nella corsa alla conquista del potere. L’Anarchismo è dottrina di libertà e questa reclama per tutti, ma è ben lungi dal tollerare o giustificare ogni influenza religiosa. Quindi non dobbiamo trascurare il minimo particolare che possa metterci in buone condizioni di offensiva contro il peggiore nemico della Umanità.
Ogni compagno procuri perchè la società dica per mezzo del censimento quali sono le vere forze dell’oscurantismo e quali quelle della libertà. E lo faccia accogliendo la buona proposta degli anticlericali di Senigallia, cioè contribuendo con la pubblica affermazione della nostra antireligiosità, nei quadri del censimento, a ridurre nei veri termini la potenza del clericalismo ed il numero dei suoi accoliti. La pochezza delle schiere della ipocrisia e della scellerataggine , dica che anche gli anarchici hanno contribuito a smantellare gli equivoci in cui il prete sempre viole indugiarsi.
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 122 (8 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Il cinquantenario
Sono cinquant’anni da che i prodi soldati della Rivoluzione si cimentarono sui campi di battaglia ed affrontarono i patiboli le galere e tutte le maggiori persecuzioni delle multicolori tirannidi onde l’Italia era oppressa, per liberare la patria del giogo dello straniero ; ma il sogno di libertà che guidò gli animosi pionieri dell’indipendenza nazionale oggi non trova eco che nel fastigio ufficiale ed ufficioso delle attuali feste cinquantenarie.
Ma tra il frastuono delle commemorazioni fabbricate nei municipi e nella Reggia, gli invitati in frack ed in marsina non possono riprodurre nei loro cuori quell’entusiasmo che animava or sono cinquant’anni e prima e di poi, tutti quei valorosi che cooperarono alla unificazione d’Italia. Il cerimoniale freddo e compassato ne affoga la na uralezza, e la goffa e presuntuosa etichetta trasforma in rappresentazioni teatrali le commemorazioni dei martiri della Rivoluzione Italiana.
Son due lesi che s’inbandierano a Roma le vie, che si organizzano ricevimenti, che si offrono banchetti, si accendono luminarie in omaggio alla ufficialità che si prepone far sapere al volgo ed all’inclita che c’è nella capitale chi si occupa di festeggiare il cinquantenario della libertà.
Gente codesta, cosidetta per bene, che concilia l’anticlericalesimo patriottico di moda con le pratiche religiose, che unisce la glorificazione della libertà all’apologia della forca. Così possono i ministri della monarchia pretendere di annullare con una scorpacciata di patriottismo di nuova maniera, tutte le vergognose dedizioni al prete usate in questi cinquant’anni. Ed altrettante presumono credere i sovrani degli stati esteri che s’accingono o son già calati a visitar l’Italia, quando credono di poter in due giorni cancellare le pagine della storia e far dimenticare ai popoli che per tanti secoli essi cooperarono a quel famoso « intervento straniero » che la rivoluzione vincitrice nel 1860 distrusse per sempre.
Così le feste cinquantenarie non ponno essere che la glorificazione della menzogna e del tradimento. Ed invero sono la cuccagna di tutti i patriottoni della sesta giornata, di quelli che costumano osannare alla rivoluzione italiana con lo scapolare e la commenda al collo, con le manette in tasca e nel portafogli le sentenze contro i reati di pensiero.
Affollano le Esposizioni e viaggiano per l’Italia muniti di biglietti di prima classe a prezzo ridotto tutti i vagabondi in guanti gialli che rubano il denaro alla povera gente non con la destrezza del tagliaborse ma con l’abilità del commerciante e del padrone di casa. I quali pensano che giammai occasione più propizia si presenterà per impinguare le loto tasche, e taglieggiano quindi i contribuenti con l’audacia dei capi delle scorribande medioevali.
I capitalisti completano il quadro, aumentando i prodotti, sfruttando la cecità morale dei lavoratori fin rubando con il tricolore alla mano l’ultimo centesimo delle ormai vuotissime tasche degli abitatori delle soffitte dannati alla fame eterna ed alla tubercolosi.
Meglio di questo non riproducono i padiglioni regionali ed internazionali, il quadro veritiero della miseria perenne dei lavoratori. L’Esposizione dei prodotti italiani non sta soltanto a Roma, a Torino, a Firenze : sta dappertutto, ovunque vi sono i servi della gleba che la Rivoluzione Francese ha affrancato di nome ma non di fatto.
Ecco l’Italia tra i tripudi del cinquantenario patriottico che rammenta alle milizie irregolari di Garibaldi tutte le privazioni di allora e le miserie di oggi, ai cospiratori i patiboli del Piemonte, e dell’Austria, del Borbone e del papa-re ; all’ufficialità monarchica il denaro tratto dalle sconfitte di Lissa e di Custoza, dal servaggio nuovo imposto agli italiani che volevano reggersi a potestà repubblicana
***
I lavoratori hanno però saputo anch’essi conoscere il loro bravo cinquantenario, ed alle brigantesche speculazioni del capitalismo avaro hanno risposto taglieggiando lo borghesia ed i patriottardi, facendo costare loro assai salate le baldorie patriottiche.
Mentre i partiti politici non sanno che ripetere la propria di loro codarda inoperosità, il movimento operaia odierno dà l’indice di una intensa e meravigliosa attività.
I padroni dicevano che la classe operaia avrebbe risposto con slancio all’appello della patria, ed avrebbe almeno per un anno taciuto i suoi dolori pur di dare mostra imponente di una unanimità patriottica. I lavoratori hanno invitato a dar essi, i capitalisti, questa prova di calma patriottarda dando agli sfruttati il modo di far tacere i crampi dello stomaco affamato, migliorando le loro condizioni, almeno nel 1911.
Ma il capitale, di natura avaro ed insensibile alle più umane aspirazioni, ha risposto negativamente alle giuste pretese della classe lavoratrice la quale ha dovuto quotidianamente insorgere con l’arma dell’agitazione e dello sciopero vincendo reiteratamente l’usuraia caparbietà capitalista.
Così la riscossa contro le mene affamatrici dei padroni e degli speculatori dei generi di prima necessità, invano tentata da quella morta gora che sono gli stessi partiti estremi, ha avuto un principio d’attuazione nelle splendide lotte combattute contro il capitalismo dalle organizzazioni operaie.
E qui sta il nocciolo della questione. Fintanto non saranno mutate le basi dell’ordinamento economico e politico vigente, tutte le pretese dei politicanti per abbattere l’egemonia del capitale culminante nel rincaro del prezzo della vita staranno lettera morta. C’è un mezzo solo per debellare gli affaristi o, per lo meno, attutire le gravi conseguenze delle loro gesta.
La classe operaia stia perennemente sul piede di guerra : essa aumenti le sue pretese mano mano che il capitalismo aumenterà le sue, cioè domandando continuamente migliorie nella corrisposta delle mercedi, e combattendo con audacia ed intensità per ottenerle a qualunque coste.
Avremo così il duplice vantaggio di giovare ai nostri interessi e di addestrare continuamente il popolo lavoratore alla battaglia contro i poteri economici e politici dello Stato. In questa continua situazione antagonistica di fatto tra oppressi ed oppressori sta il segreto della vittoria allorchè gli anarchici crederanno opportuno scendere in piazza a dare l’ultima spallata a questo tarlato edificio che si regge sui puntelli della presente umana viltà.
Lo splendido agitarsi delle folle nell’attuale cinquantenario questo ci ha insegnato : che sono codarde ed inutili le chiacchiere, e che occorre porsi risolutamente all’azione se vogliamo davvero che la libertà trionfi sulla tirannide.
Non è no, un vile od un incoerente, chi si organizza, chi lotta e combatte con tutte le armi logiche che sono a sua portata di mano : è un tristo o per lo meno un inetto, chi aspetta la Rivoluzione con le mani alla cintalo ed è immerso nell’inerzia che fu sempre l’ancella indivisibile della ignoranza e della schiavitù.
L’Alleanza libertaria.
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70a.
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 119 (18 maggio 1911), p. 4.
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La feste monarchiche
Mentre milioni di uomini muoiono di fame nei luridi buchi per ironia chiamati camere, e sono, questi uomini, avvinti dalla miseria atroce, squallidissima, altri milioni di individui incoscienti applaudono, frementi di entusiasmo, alle coronazioni sontuose e costosissime di re e imperatori.
Per queste cerimonie tante e tante energie umane si sono logorate giorno e notte ricompensate in modo de non morire letteralmente di fame.
La monarchia vive, ha profonde radici ancora, e la nostra fede che il popolo si svegli è un’illusione che svanisce in simili occasioni.
La mentalità popolare è ancore ottenebrata.
Lo vediamo chiaramente dalle entusiastiche manifestazioni, dall’entusiasmo delirante che le masse impiegano per mantenere su, in piedi, gli scenari vecchi del gran teatro delle falsità.
E ancora assistiamo allo spettacolo primitivo di milioni di uomini prosternati innanzi all’idolo simbolico, che essi hanno coperto di oro e di porpora, recando a lui doni ricchissimi ed offerte, onori e glorie, e tutto quello che la Natura ha di più squisito e la sapienza di più raffinato.
Ma, soprattutto, l’uomo adorante non si accorge di aver sacrificato a lui l’intimo suo, l’essenza sua, cioè la libertà culturale.
E l’idolo sorride e si crede in pieno diritto di decimarla calpestarla o distruggerla a suo piacimento.
La prima burlesca, ma generosa, preoccupazione di questi semi-dei fu di cambiare il personale della cucina e delle sartorie, e da parigini che essi erano li vollero della nazione da loro governata. Questa riforma ha una grandissima importanza, si affrettano di commentare i giornali borghesi, e il popolo cieco applaude a gola aperta con sorriso melenso sembrando anche a lui una innovazione di altissimo ordine nazionale, tanto più che non riguarda lui ma il gusto del palato del suo signore e padrone.
E di questi dei la stampa si rende portavoce ; ne registra ogni parola, ogni gesto, ogni vuoto pensiero, che vien discusso e commentato, e ogni qualsiasi movimento ; sembra che tutto ciò rechi sollievo e cambi la faccia del mondo.
E le mani applaudono questi resoconti e gridano : Bravooo !!
E lo splendore aumenta ; e le orgie del lusso, del raffinato piacere, dell’estetica superiore trionfano, mentre il povero paria che in mezzo a tanto tramenio acquistò l’occhio del bove vede giganti i parassiti incoronati e i loro seguaci affaristi.
I borghesi, furbi, conoscono l’effetto di stupidimento e ubriachezza che producono sulle masse queste coreografie monarchiche ; le conoscono e ne abusano.
Ai selvaggi date dei nonnulla con vivaci colori e li rabbonite ; ai popoli più evoluti date feste con fuochi d’artificio e illuminazioni straordinarie, riviste militari con principi alla testa, cortei splendenti d’oro e di argento, e li avrete raddolciti entusiasmandoli di più.
Ferdinando di Borbone conosceva molto bene la psiche popolare quando pronunziò la sacramentale frase : « Feste, farina e forca ! ».
Questo fu il suo programma di governo.
E il popolo alle smaglianti feste grida estasiato : Evvivaaa !!
Egli ha perduto il senso della sua fama, della sua dignità, del suo convincimento al diritto alla vita e vacilla tra le tenebre e la luce.
Di questo ondeggiamento ne approfitta il signore, e sfrutta e beve sangue.
Oh ! l’ignoranza del popolo quanto è mai profonda. Gridano i borghesi nei loro ambianti di voler pensare al diritto del lavoratore e poi lo strozzano per colmare di gemme gli scrigni degli idoli che hanno posto sul trono.
A che servono costoro ? A che servono questi scenari vecchi tra i quali si muovono i pallidi automi guidati da una tradizione, mossi da un’egoismo ?
A che servono quando solo loro la causa di quelle orribili tragedie che scoppiano nei quartieri limitrofi ai palazzi dell’oro e del diamante, tragedie nelle quali il dolore non finisce mai, originarie di morti atroci e contro natura ?
Fratelli, la commedia già troppo dura ! Bisogna svegliarsi per agire e adoperarci tutti con energia alla conquista dei diritti della vita. Non vedete come deridono e calpestano sfacciatamente le vostre pene e la vostra libertà ? Miliardi si sono buttati al vento per l’incoronazione di marionette le quali agiranno come vorranno i ministri, i monopolizzatori e gli usurai di Stato.
E il popolo applaude, applaude, e si snerva e vende tutto per vivere fino al giorno della tomba.
L’opulenza dei mangiatori di oro si accresce da un lato, mentre dall’altro le campagne si spopolano, gli arnesi del lavoro mancano, e l’insieme si decompone, si annichila per il colossale lusso di sfacciati fascinatori.
Occorre protestare con mezzi efficaci onde lottare con forza contro l’ipocrisia generale ed unirsi per strappare le maschere.
Possiamo risorgere con le proprie forze ma è necessario essere uniti senza divisioni di partiti e senza pettegolezzi piccini.
La società attuale è fondata sulle ceneri della dignità umana, ed ha per principio il monopolio, il nepotismo e l’asservimento del popolo pel suo esclusivo benessere.
Non possiamo attenderci da questa classe di parassiti sfruttatori altro che una con inuata oppressione distruttiva.
Se domandiamo loro la ragione dello sciupio delle colossali ricchezze, vi diranno che tutto è nell’interesse del proletario, che i poveri sono creati per i ricchi i quali dando loro da lavorare li sostengono in vita.
Al popolo che ignora la storia, la vita, e i diritti naturali possono raccontare quel che,vogliono poichè non capisce che le ricchezze esistenti sono sua, frutto della sua opera assidua, costante. Non capisce che i milioni assegnati agli meri automi incoronati non solo che il prodotto di balzelli aggravati sulle spalle dei lavoratori senza tetto, bruciati dal sole, intisichiti dalle miniere e nelle officine, lavoratori che poi muoiono esauriti negli ospedali ove sono accolti dalle carità governativa, o nei più sporchi angoli della città.
Svegliate le vostre coscienze, o fratelli, e lottiamo per la resurrezione della forza e del pensiero.
All’opera dunque per smascherare le false teorie, il falsi atteggiamenti e pensieri. Comminiamo verso un grande progresso intellettuale e gettiamo il fango accumulato da secoli. Occorre vivere una vita sana e di coscienza. Sonnecchiando, l’entusiasmo diminuisce e i parassiti cresciuti di numero forza e avidità trovando terreno adatto produrranno il caos nelle energie proletarie, già scombuiate, poichè essi non producono una consumano. Dunque, morte ai parassiti.
Vera Xenici
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 128 (27 luglio 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La Grande conquista !
Lavoratori gioite !
La nube maligna che oscura il sole radioso dell’Avvenire scomparirà finalmente !
Tu, o popolo sarai libero ; tu sarai sovrano !
Eccoti concessa alfine l’arma fatidica, l’arma poderosa con cui potrai divenir padrone del mondo.
Tra poco non vi sarà più fame, non più disagi, non più ingiustizie.
E tutto questo col più lieve sacrificio, col più placido movimento, col più dilettevole giuoco.
Un fogliolino di carta, ecco tutto.
Ma che scioperi, una che resistenza, che insurrezioni !
Non più violenza, perdio !
Giù le armi, lavoratori ; giù le armi, soldati.
Ecco la grande conquista !
Tu o popolo, con la scheda invierai ai pubblici uomini tuoi, che faranno leggi in tuo favore. Così si faranno aumentare i salari, diminuire la pigione, ribassare il pane ; aboliranno l’esercito e la proprietà privata : scacceranno i ministri, i regnanti, i preti, i padroni, e proclameranno in questo modo il nuovo sole dell’Avvenire.
Esulta, esulta o popolo !
Quest’arma è fatata.
Essa esisteva, è vero : ma erano pochi a possederla ed ecco perchè in trent’anni di prova, dopo tante lotte, non fu possibile conquistare du più, nè dispensare dai pubblici poteri la giustizia sociale.
Oggi però il diritto d’adoperar quell’arma è stato elargito a moltissimi, a quasi tutti i cittadini.
Quindi ora s’otterrà di certo lo sperato successo.
Tu vedrai, o buon popolo, che non appena andranno al potere i tuoi rappresentanti la miseria sparirà d’incanto, la proprietà privata sarà abolita, la borghesia si ritirerà mogia, mogia, scusandosi tanto d’averti incomodato fin qui, ed i soldati faranno il presentat’armi ai nuovi conquistatori.
Tu, o popolo, credi pus questa e rallegrati, che in ora si funesta una vittoria simile giammai non si sognò !
O eroi di Garibaldi, martiri della Comune, oh !… la vostra gloria è oscurata !
Largo ai novelli geni !
Date, date loro il meritato guiderdone…
Che importa se il popolo sente ancora lo spasimo d’un’altra spremuta ?
Sicuro, date loro migliaia di lire, date pure a costoro l’indennità… par tanto danno.
Ecco i primi atti di uguaglianza, di disinteresse ; ecco i primi sgravi delle nostre miserie, eccola un po’ d’abolizione della nostra miseria, causata dalla proprietà privata, dal nostro scarso salario.
Ora è venuta davvero la cuccagna !
E la vedrai, o popolo, quando l’arma possente sarà inumano di tutti, la vedrai allora la lotta generosa per correre là a rappresentarti, a combattere pel tuo bene, ed a … riscuotere l’indennità.
***
Ma tu lavoratore avrai già ben aperto gli occhi, tu non ti presterai a questo giuoco.
Tu sai per esperie za che dove c’è un privilegio, c’è un violento ; dove c’è un violento c’è un tiranno ; dove c’è un tiranno ci deve essere un ribelle.
C’è oggi il privilegio ?
Purtroppo, e non c’è bisogno di dimostralo, ed allora c’è il violento e c’è il tiranno.
C’è il violento poichè c’è un esercito di birri e di soldati armato fino ai denti al comando del privilegio, c’è il tiranno perchè ogni volta che tu hai domandato giustizia, libertà, pane, ti fu sempre risposto con la mitraglia.
Rammentati dunque che ci deve essere un ribelle inevitabilmente per necessità.
Non credere quindi che la borghesia rinunci queta queta ai suoi privilegi ; che si lasci spodestare garbatamente dai nuovi conquistatori… di pubblici poteri.
Non credere, che l’arma del voto sia efficace a liberarti.
Prima di tutto perchè essa è un tranello, altrimenti non te l’avrebbe concessa, eppoi perchè è sicura di resistere fino all’ultimo sangue.
La scheda è un tranello poichè con essa il lavoratore non riuscirà mai alla conquista dei pubblici poteri. È un tranello perchè i lavoratori, sempre intenti a lottare per quella irraggiungibile conquista, tralasciano la vera lotta per i propri e veri beneficî.
È un tranello perchè ti lascia libero, ma dentro una gabbia.
Infatti ottenuto perchè ti lascia libero, ma dentro una gabbia.
Infatti ottenuto il suffragio universale occorre vedere se sarà possibile conquistare la maggioranza degli elettori, occorre vedere se i rappresentanti dei lavoratori faranno davvero gli interessi del popolo ; quindi, dato tutto ciò, occorre vedere se sarà possibile, à questa rappresentanti, di fare quello che promettono.
La borghesi è sicura del fatto suo come il babbo che ha dato al figliuolo il fuciletto di legno.
Eppoi la borghesia conta sull’ignoranza, sulla superstizione che infonde il prete, sulla schiavitù, sulla miseria in cui ti schiaccia il capitalista ; su tutta la caterva di preti, soldati, impiegati, magistrati, proprietari, è via du seguito che saranno sempre tutti elettori e favorevoli a loro.
Essa conta sulle limitazioni di cui son circondati questi pubblici poteri sorvegliati dai poteri superiori che non sono pubblici, ma un privilegio della borghesia.
Il municipio, dipende della provincia, dal prefetto, dal Ministero, dal parlamento, dal Senato, dal re.
Il parlamento, anch’esso dipende dal Senato, dal Ministero, dal re.
Il re, a sua volta, dipende dalla classe dominante che lo circonda, dal capitalismo ch’è il vero sovrano.
Ed infine la borghesia conta sulla forza armata con cui potrebbe disfare d’un subito anche i pubblici poteri qualora le fossero di danno ed i lavoratori riuscissero a conquistarli.
***
Questa è la famosa arma del voto ; ecco la infallibile potenza della scheda.
Poveri sogni, dunque, dopo tante fatiche !
Non è tra oppressori ed oppressori ed oppressi che possono aver luogo le lotte civili.
Le lotte pacifiche, le lotte del pensiero onde affrettare la marcia del progresso, avranno luogo più in là, quando si disputerà fra uguali.
Contro i tiranni no.
È inutile che ci lusinghino col suffragio universale, con la leva elettorale, con le precauzioni contro i brogli, con la scheda colorata, con l’indennità, parlamentare !
La corruzione non riusciranno a trattenerla, il loro inganno lo conosciamo bene !
Oh, troppa grazia, troppa grazia, perdio !
Costoro c’indicano la scheda perchè sanno bene che non arriverà in capo di nulla, che se doves e veramente raggiungere qualcosa non ce la consiglierebbero, ma ce la negherebbero.
Possiamo noi fidarci di loro quando ogni mossa è per gravare su noi, quando ogni parola è seguita da una minaccia, quando ogni ordine è une baionetta che si fa incontro ?
Che depongano le armi loro per primi, che le adoperano da un pezzo, e comincino loro a mostrarsi generosi verso noi che soffriamo tanto e da sì lungo tempo !
La tirannia borghese non è da meno delle tirannie passate.
Privilegi allora, privilegi oggi, sopraffazioni allora, sopraffazioni oggi ; miserie allora, miserie oggi.
ieri violenze, oggi violenze, ieri prigioni et fucilate, oggi prigioni e fucilate.
***
Cos’è cambiato dunque ?
Ed allora anche noi ripetiamo, ciò che la borghesia ha fatto per la sua liberazione.
Essa ci ha insegnato la via del sacrificio, la via delle ribellione.
La storia ce lo insegne, il ricordo de’ nostri padri ce lo inspira, l’eco delle zolle insanguinate ce lo suggerisce.
Tu vedi, o popolo, la miseria che ti ricorda, le ingiustizie che ti affamato.
Tu hai veduto la folla bruta delle baionette irte contro le tue preghiere, tu hai veduto vomitar mitraglia le bocche di quei fucili mentre la tua domandava pane.
Tu hai veduto intorno a te seminata la morte.
Tu hai pianto, hai sperato inutilmente.
Ebbene, dinanzi a tutto ciò considera tu il valore du quella pretesa arma che t’offrono : la scheda, il diritto al voto, il suffragio universale.
Dinanzi a tanto soffrire, a tanta schiavitù, a tanto strazio delle tue carni ; dinanzi all’esempio della storia, al ricordo di tanti sacrifici, all’ammonimento di tante vittime, è superfluo consigliarti il tuo dovere.
Sollevati !
Da le rivolete audaci germinerà la Redenzione !
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 124 (22 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La morale dei gesuiti
Or non è molto, nella Biblioteca scientifica dell’editore Bocca, è uscito, presentato in bella veste italiana, il libro di F. Huber intorno alla morale dei gesuiti. L’opera risale a molti anni, al tempo in cui stava per compiersi con Roma la nostra redenzione morale e politica : ma l’argomento è sempre attuale, oggi più che mai, e rappresenta sempre, se non u imminente pericolo, che secondo me lo è, senz’altro, se la vera democrazia non si desta gagliardamente, un problema di gravissimo tormento per le contemporanee istituzioni politiche e per la contemporanea coscienza umani. Il quale, per essere esatti, non è, da parte dell’autore, un’indagine compiutamente precisa e scientifica. Ma comunque sia balza dalle vibranti pagine une grande verità che racchiude insieme un ammonimento ed un problema.
Problema ?
Certamente : e problema che investe nei limiti paurosamente complessi, non questa o quella determinata attività sociale, ma tutto lo svolgimento politico, intellettuale e sentimentale della vita moderna.
Presentemente, quasi dominati dallo sfogo innocuo ed ingenuo delle moltitudini, ci culliamo in una bambinesca altalena di fischi anticlericali : la guerra al prete, nei clamori lambiccati del manifesto massonico e nella concitata parola del tribuno, è apparso a noi come l’unica via per la liberazione dal dogma a dall’insidia.
E abbiamo dimenticato che di fronte all’infruttuoso tumulto della piazza si erge, occulta e derisoria, la organizzazione più potente che l’uomo abbia dato alla storia ; e abbiamo dimenticato, nella ornamentali fiere del libero pensiero e di spirito laico, che questa organizzazione minava, nella persistenza e nel silenzio, la maestà et la santità dell’ultima figura politica a cui, attraverso barricate e rivoluzioni, ci aveva condotto il cammino penoso della storia.
La nostra grande conquista è una sola : Lo Stato libero, laico, positivo. Ma la conquista, anche dopo il lavoro formidabile dell’« 89 », si rivela ancore un ideale.
Nè mi preoccupo, in questo momento, del conflitto enorme che si svolge, lento ma fatale, tra gruppi, classi, categorie, ordine sociali di ricchezza, di lavoro, di produzione : è la grande battaglia che accenna, sotto la spinta di un istinto storico, alla graduazione spontanea ed equa dei valori umani.
Cui intendo riferirmi alla nostra coscienza di liberi e di contemporanei, in uno Stato che non consenta la schiavitù sentimentale o l infiltrazione nemica di una contraddizione pericolosa.
Qual’è la morale dei gesuiti. La disciplina : vale a dire, una virtù cieca, serrata, inesorabile di organizzazione. Al vertice, l’imperio ; alla base la obbedienza passiva : ne consegue la simultaneità, l’ordine, la continuità, l’unità di pensiero et di azione. E la organizzazione è la ragione della loro forza e della loro vita : sint ut sunt aut non sint, aveva ammonito un loro capo.
Qual è l’azione dei Gesuiti ? Bastano poche parole : la lotta contro lo Stato, la famiglia, la coscienza.
« Sarebbe difficile dimenticare — osserva in una colta prefazione il traduttore, l’egregio dott. Nicolay che pure è tanto misurato e prudente nel suo giudizio — che, sia pure senza volerlo, essi hanno fatto violenza a chi sa quanti giovani, specialmente quella violenza che ha nome di proselitismo e che al loro fondatore fruttò solenni battiture a Parigi. Qui davvero potrebbesi non a torto invocare l’inalienabile libertà, ma come ricordo ai genitori e monito ai governati d’invigilare gl’istituti religiosi, anche fino a proibire di ricevere novizi non maggiorenni ».
A tale proposito mi piace notare che da quasi tutte le congregazioni religiose dell’uno e dell’altro sesso si reclutano minorenni per educarli alla propagazione della loro specie… perversa. Io so di positivo che in alcune congregazioni maschili si sono reclutati persino dei ragazzi di dieci anni e vengono, infelici, iniziati alla vita monastica, mentre avrebbero bisogno d’aria e di libertà. Tanti ingenui genitori, poveri, per togliersi il pensiero del mantenimento dei loro figli, li cedono volentieri agl’incettatori congregazionisti, sperando anche, veramente ingenui su questo, che un giorno saranno il loro aiuto.
E tutto questo movimento congregazionista è sotto la tutela sorvegliatrice del nero genio del male, il gesuita, che a il timone della barca di S. Pietro.
E di questo grande pericolo, si mena chiasso per qualche ora e poi si ritorna al silenzio.
Dicevo, dunque che si dovrebbe impedire dallo Stato di ricevere novizi non maggiorenni, non potendosi ancora ottenere la completa sparizione di tali esseri infesti all’umanità.
Perchè ? Qualcuno, anche fra quelli che maggiormente si affannano nelle proteste della piazza, potrebbe ignorarlo : perchè nelle scuole i gesuiti falsano la mente e lo spirito del giovanetto, plasmandolo, con pazienza assidua e scaltra, in un mondo speciale dal quale poi riesce difficile, e spesso impossibile, uscire a libertà di azione e di pensiero.
E veniamo a la famiglia.
« In mezzo a precetti ottimi e ad eccellenti raccomandazioni ai genitori ed ai figli — premette il dott. Nicolay — i gesuiti insegnano cose che, portandovi la divisione, infirmano ed offendano quel nobile organismo. Essi permettono alle mogli di fare larghi donativi od elemosine per opere pie, compresa naturalmente la compagni, all’insaputa e contro la volontà del marito ; permettono ai figli di seguire la loro vocazione spontanea o suggerita, all’insaputa o contro la volontà dei genitori ».
E come, infine, si manifesta la morale gesuitica di fronte allo Stato ? Seguiamo anche in questo punto il traduttore.
« La loro azione è una rivoluzione : la reazione, con l’assoluta sovranità del principe, limitata solo dai diritti eminenti del papa, con tutti i privilegi goduti della chiesa e dagli ordini religiosi’ specie dalla Compagnia di Gesù, con la intolleranza più rigorosa della libertà di coscienza e di scienza, a protezione della religione cattolica ».
E basta.
Chiesa e Stato non sono più organismi coordinati, due forze sociali che possono svolgersi in fattrice armonia di Storia e di civiltà ; ma due termini antitetici, due istituzioni opposte.
La teoria delle parallele ha ripetuto un’altra volta la vuota formula cavourriana a ludibrio dello Stato.
Vorremo noi formulare un’altra volta, in ludibrio della storia, la logica del Loyola ?
Gabelli
Abbiamo dato posto al presente articolo, pur essendo discordi in qualche punto con le idee svolte dall’egregio autore, specialmente in ciò che riguarda i rapporti tra Chiesa e Stato ; poichè noi siamo d’avviso che l’una non potrebbe vivere senza l’altro e che ambedue s’integrano mirabilmente.
Soprattutto, l’abbiamo ospitato nelle nostre colonne, dal momento che tale ospitalità è stata negata da qualche giornale massonico, il quale avrebbe dovuto sapere apprezzare il coraggioso intendimento dell’esimio scrittore che molto d’avvicino conosce e sa tutte le macchinazioni losche della terribile sette nera.Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 129 (3 agosto 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
La rivoluzione nel Messico
Da più di quattro mesi la bandiera rossa è fiammeggiante ui campi di battaglia del Messico, portata alta dai lavoratori emancipati, le cui aspirazioni sono racchiuse in questo grido sublime : Terra e Libertà ! Il popolo del Messico è i, aperta ribellione contro gli oppressori. Pigliano parte all’insurrezione generale coloro che appoggiano le idee moderne, coloro che sono convinti della inutilità delle riforme politiche per la redenzione del proletariato dalla schiavitù economica, coloro che non credono nella bontà paterna del governo, nè nell’imparzialità delle leggi fatte per la borghesia, coloro che sanno che l’emancipazione dei lavoratori deve essere compiuta dai lavoratori stessi, coloro il dritto « sacro » della proprietà, coloro che non brandiscono le armi allo scopo di innalzare un potere, ma par distruggere le catene della schiavitù del salario.
Questi rivoluzionarii sono rappresentati dalla Giunta del Partito Libertario Messicano (519 1/2 E. 4 St. ; Los Angeles, California, U.S.A.) il cui organo ufficiale « Regeneración » spiega chiaramente le sue tendenze.
Il Partito Libertario Messicano non sta combattendo per distruggere il Dittatore Porfirio Diaz allo scopo di mettere un altro tiranno al suo posto, ma piglia parte alla insurrezione attuale con scopo fermo e deliberato di espropriare la terra e tutti i mezzi di produzione per darli al popolo, cioè a ciascuno ed a tutti gli abitanti del Messico, senza distinzione di sesso. Noi consideriamo questo atto essenziale per aprire le porte all’emancipazione del popolo messicano.
Ve è anche un’altro partito in armi ; il partito degli « anti-re-elezionisti », il cui leader, Francesco I. Madero, è un milionario che ha visto crescere la sua fortuna favolosa col sudore e con le lacrime degli uomini delle sue haciendas.
Questo partito sta combattendo per rendere « effettivo » il diritto al voto, e per fondare in breve, una repubblica borghese come quella degli Stati Uniti. Questo partito puramente politico e capitalista è naturalmente, nemico del Partito Libertario Messicano, perchè esso vede nell’attività dei libertari una minaccia alla vita della repubblica borghese, che garantisce una minaccia alla vita della repubblica borghese, che garantisce agli uomini di politica, ai cercatori di favori, ai ricchi, a tutti gli ambiziosi, a tutti coloro che vorrebbero vivere al costo delle sofferenze e della schiavitù del proletario, la continuazione della ineguaglianza sociale, il sistema capitalista, la divisione della famiglia umana in due classi : quella degli sfruttatori e quella degli sfruttati.
La dittatura di Porfirio Diaz sta per cadere ; ma la rivoluzione non finirà con ciò. Sulla tomba di questa dittatura infame staranno l’una contro l’altra, con le armi alla mano, due classi sociali : quella dei ben nutriti e quella degli affamati, la prima difendendo gli interessi della sua casta, e la seconda ferma nell’abolizione di questi privilegi, con l’installazione di un sistema che garantisce ad ogni essere umani Pane, Terra e Libertà.
Questa lotta formidabile delle due classi sociali in Messico, è il primo atto della grande tragedia universale, che presto avrà per teatro la superficie dell’intero pianeta, e il cui atto finale sarà il trionfo della nobile formula : Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, che li rivoluzioni politiche non sono riuscite a mettere in pratica, perchè esse non hanno osato di rompere la verga della tirannia, del capitalismo e dell’autorità.
Compagni di tutto il mondo, la soluzione del problema sociale è nelle mani dei diseredati di tutta la terra, poichè esso richiede solamente la pratica della grande virtù : la solidarietà. I vostri fratelli del Messico hanno avuto il coraggio di innalzare la bandiera rossa ma non per fare un atto puerile di spavalderia con inoffensive dimostrazioni attraverso le strade e le piazze, che quasi sempre terminano con l’arresto e il maltrattamento dei partecipanti da parte dei cosacchi dei tiranni, ma per sostenerla fermamente nei campi di battaglia come sfida minacciosa alla vecchia società, per potere fondare su terra solida la nuova società di giustizia e di amore.
Le nostre forze, per quanto generose e piene di sacrificio possano essere, potrebbero venire annientate dalla solida azione della borghesia di tutti i paesi del mondo. Col semplice atto di aver portato sul campo di battaglia messicano la sfolgorante bandiera rossa, la borghesia degli Stati Uniti ha obbligato il presidente Taft a mandare 20 mila soldati al confine messicano e navi da guerra nei porti messicani. Che fanno intanto i lavoratori del mondo ?
Con le braccia incrociate guardano gli eventi di questo tremendo dramma che dovrebbe commuovere il cuore di tutti, che dovrebbe far ribellare tutte le coscienze, che dovrebbe far vibrare i nervi di tutti gli uomini e farli insorgere come uno solo uomo per imporre il dietro fronte alle flotte, e l’alt a tutti gli schiavi in uniforme di ogni paese.
Agitazione ! Questo è il mezzo supremo del presente. L’agitazione individuale dei lavoratori coscienti ; agitazione collettiva delle organizzazioni del lavoro e dei gruppi organizzati per la libera propaganda ; l’agitazione sistematica della stampa del lavoro e del libero pensiero, l’agitazione per la strada, nei teatri, nei comizi, nell’interno della casa, un ogni luogo di indignazione, cuori non induriti dalla ingiustizia e dalla brutalità dell’ambiente in cui vivono ; agitazione a mezzo di lettere, manifesti, libelli, conferenze, comizi, con qualsiasi mezzo possibile, che faccia nota la necessità di un lavoro comune allo stesso tempo, e con vigore ed energia, in favore dei rivoluzionari del Messico che hanno bisogno di tre cose importanti, la protesta di tutto il mondo contro lo intervento delle potenze negli affari messicani, lavoratori coscienti determinati a propagare le dottrine dell’emancipazione sociale fra coloro che non hanno ancora la coscienza di classe, e danaro, danaro e poi danaro per poter mantenere la Rivoluzione Sociale nel Messico.
Compagni, ristampate questo manifesto, traducetelo in ogni lingua a fatelo circolare per ogni dove nel mondo. Chiedete alla stampa del lavoro di inserirlo nelle sue colonne.
La nostra causa à la vostra : è la causa dello schiavo silenzioso della gleba, del paria, dell’operaio della fattoria, del lavoratore del mare e delle mine, di tutti coloro che soffrono per l’iniquità del sistema capitalista.
La nostra causa è la vostra : se voi rimanete inattivi mentre i vostri fratelli vanno incontro alla morte abbracciando la bandiera rossa, voi darete con la vostra inanità un colpo rude alla causa del proletariato.
Sappiate comprendere il pericolo che noi affrontiamo nell’affrontare i governi del mondo, i quali vedono nel movimento messicano l’apparizione della Rivoluzione Sociale, l’unica che i potenti temano veramente.
Compagni ! fate il vostro dovere.
Il Partito Libertario Messicano.
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70a.
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 121 (1 giugno 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Lo sfacelo di un partito
Il partito che si sfacela è il partito socialista — da non confondersi col socialismo.
Anzi più che lo sfacelo d’un partito si può dire d’un metodo ; poichè il partito socialista va dissolvendosi per colpa del suo metodo.
Infatti ; e non si spiegherebbe altrimenti, il principio della dissoluzione si ritrova fin dalla sua costituzione.
Il partito socialista ebbe origine dal seno dell’Internazionale ad opera di tutti gli elementi politicanti i quali rinnegarono il metodo rivoluzionario dell’associazione madre per abbandonarsi al metodo legalitario riformista della conquista dei pubblici poteri.
Fu allora, che intravedendo il modo facile di far carriera, una pleiade di arrivisti in maggioranza avvocati, professionisti, spostati, vi si gettarono in mezzo e ne deformarono fin lo spirito animatore, il socialismo.
Ciascuno entratovi con un preconcetto proprio e indolente o incapace a disfarsene provava riuscendovi spesso, a giustificarlo dimostrando che quello era socialismo, che il socialismo comprendeva anche quello.
Così avvenne che di male in peggio quest’idea tanto nobile e grande finì per essere ridotta ad un mostro adattabile all’adorazione di tutte le varie sêtte nella nuova chiesa riformistica legalitaria.
La scalata al potere accecò gli ambiziosi e gli affaristi, che del resto militano in tutti i partiti, e pur di conquistare un posticino, pur di salire spalancarono la porta a chiunque potesse dare un aiuto.
Occorreva vincere, occorrevano voti e quindi era necessario chiudere un occhio, e tal volta tutti e due, pur di arrivare.
Così per non urtare delle suscettibilità, per permettere in massa l’ingresso al partito il socialisme cominciò a ricevere sforbiciate.
Ora è la religione che diviene affare privato, è lo Stato che on e più oppressore, domani è la proprietà privata che deve ancora svilupparsi, quindi le spese militari che non si possono intaccare per ottonere altre leggi promesse e non mantenute, e così via di seguito a diventare il socialismo una utopia e Carlo Marx dimenticato in soffitta.
E tutto ciò per il metodo.
Tutto questo pandemonio di tendenze, di scuole, di frazioni è conseguenza ineluttabile della conquista dei pubblici poteri.
Che poi s’è risolta in un fiasco, perchè non furono i poteri conquistati dai socialisti ma i socialisti conquistati dal potere.
E dopo tanto chiasso e tante energie sciupate, dopo tante promesse o tante lusinghe solo oggi si accorgono che i pubblici poteri non possono conquistarsi nelle attuali condizioni di voto e domandano il suffragio universale.
In attesa poi, dopo altre fatiche e sacrifici, di dichiarare impossibile la conquista anche con questo metodo ; e… chissà cosa invocheranno allora ?
Intanto il popolo soffre e quando è stanco va avanti per conto suo. Il partiti socialista si è ben avveduto di questo fenomeno e s’è già annoverato fra rami secchi, trista fine delle vanitose zucche. Ma la libidine del potere, l’utopia o la follia della conciliazione di classe non ha ancora abbandonato molti di costoro i quali ora vorrebbero tentare un innesto dell’azione politica del loro partito nel movimento operaio.
Lavoratori in guardia !
Lontano da questo povero tubercoloso.
Attenti che il tarlo che ha minato l’esistenza del partito socialista non venga o contaminare l’organizzazione sindacale.
Già si annuncia fra i denti che nel movimento operaio voglia inocularsi il veleno delle conquiste elettorali « facendo un Partito del lavoro che penetri con le sue rappresentanze dirette nei pubblici poteri ».
Badino i lavoratori a non cadere nel tranello. Vorrebbero fare essi pure la stessa fine del partito socialista.
A voi compagni, a voi libertari, ai rivoluzionari tutti spetta quest’opera di salvataggio, di difesa per l’integrità del movimento operaio !
Ognuno prenda il suo posto di combattimento e sia pronto all’attacco.
Il movimento operaio non deve essere inquinato dalla tabe parlamentare ; il movimento operaio deve essere libertario, rivoluzionario.
L’emancipazione dei lavoratori non sarà che un inganno fino a che non giungerà all’espropriazione della proprietà privata.
Nè vi sono mezze misure, non vi sono graduali miglioramenti, nella società attuale, non è che una lusinga od un inganno.
Que’ pretesi miglioramenti che si ottengono per mezzo di leggi o di agitazioni pacifiche sono specchietti per allodole.
La borghesia che rinuncia ai suoi privilegi per vie legali, per proteste pacifiche è un ironia e un’ingenuità.
Una conquista o un miglioramento tangibile in favore dei lavoratori dovrebbe segnare una rinuncia a un privilegio, una diminuzione di guadagno pel capitalista. Quando la borghesia cede e s’acconcia alle leggi sociali o alle agitazioni pacifiche, state pur certi d’essere stati ingannati.
Le prove le abbiamo dall’esperienza di 25 anni di lotte e… di speranze deluse.
Quando si domanda qualcosa che sul serio possa ledere la borsa o i privilegi dei capitalisti, e quindi tradursi in un vero nostro beneficio, noi vediamo come costoro s’avventino contro di noi.
Quali sono dunque le graduali migliorie che si ripromettono di conquistare coi pubblici pote i questi benepensanti democratici ?
Quali sono le successive forme, le varie fase per cui dovrà passare questa graduale trasformazione che dalla proprietà privata possa condurre alla proprietà comune ?
Dall’una all’altra non ci sono forme intermedia.
Quindi tutto ciò che questi politicanti promettono con le vie legali non sono che chimere !
Una restrizione dei privilegi borghesi, che potrebbe migliorare un poco le condizioni dei lavoratori in attesa della vera, completa loro emancipazione, non s’ottiene mercè il placido consenso dei capitalisti.
Provatevi, e voi vedrete la borghesia intera scagliarsi come belva contro noi e colpire irremovibile, senza pietà.
Ripensate un momento a tutte le disillusioni avute, a tutte le vittorie di Pirro che ci han dato più miseria di prima, a tutte le vittime, che sono cadute sotto la ferocia borghese, eppoi vi convincerete quanto sia vano, dannoso, ripudiabile il metodo legalitario !
Ecco quindi la necessità ineluttabile, assoluta, che i lavoratori seguano la via rivoluzionaria.
Noi non dobbiamo sperare sulla clemenza della borghesia, e quindi sull’efficacia dei pubblici poteri, noi dobbiamo sperare solo nella resistenza audace, attiva, rivoluzionaria e contare solo sulle nostre forze, sulla nostra volontà.
Occorre soprattutto essere pronti ad ogni evento, pronti all’azione operaia sia il grande accumulatore d’energia, l’addensarsi delle tempesta capace al momento opportuno di scatenarsi inesorabile, purificatrice di tutto il putridume dell’attuale società.
All’infuori di questo c’è l’inganno.
Il parlamentarismo è un tranello teso dalla borghesia per illudere il proletariato.
Il partiti socialista vi è già caduto.
Lavoratori, salviamoci noir !
L’Alleanza libertaria.
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70a.
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 120 (25 maggio 1911), p. 4.
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L’Alleanza libertaria
Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier
Cittadini,
Che la libertà giolittiana non rappresentasse che una grottesca mistificazione, lo sapevamo abbastanza, giacchè l’esperienza dei fatti dice meglio di qualunque opera di Giovanni Giolitti, che ogni lodevole proposito di cui si disse interprete costui, divenne sempre mistificazione e tradimento.
Ma non avremmo tuttavia creduto che la vigliaccheria umana giungesse sino a consentire indirettamente alle fosche imprese di questo turpe lenone della politica, vendendo a costui il silenzio dei partiti che pur una volta dicevansi sovversivi.
Così le più nefande imprese rimangono impunite e sanza la menoma protesta. Solo quando qualche alto papavero della politica viene disturbato de equivoci o da eventualità, allora si impennano gli omenoni dei partiti che un di erano e si dicevano « estremi », a registrare la prepotenza e l’arbitrio, ed esigerne la dovuta soddisfazione.
Ma i proletari vittima dei fasti reazionari della polizia e della magistratura vengono dimenticati, e così si lasciano impunemente perseguitare i propagandisti delle idee rivoluzionarie ed anarchiche, le sole che oggi non sieno state vulnerate dal gelido soffio mortifero della corruzione legalitaria.
Ciò spiega benissimo il fatto per cui la valorosa compagna Maria Rygier, vittima di un basso tranello poliziesco, è tuttora e da parecchi mesi trattenuta in carcere, senza che una accusa precisa sia stata contro di lei formulata.
Tutti i rivoluzionari conoscono Maria Rygier. Essa è una donna coraggiosa, piena di sentimento e di audacia, che dà le sue migliori energie di pensatrice e di combattente alla propaganda dell’Anarchia di cui ne è fervente assertrice, malgrado tutte le persecuzioni che l’idra poliziesca ha sempre contro di essa invano esperito.
Maria Rygier ha dato tutta la sua attività alle organizzazioni ed al movimento operaio, e la sua competenza in questo ramo della lotta sociale l’ha pure acquistata sotto i colpi continuati dell’avversione dei poteri costituiti, i cui satelliti invano si accanirono per svellerle l’entusiasmo in essa innato per le folle anelanti a migliorarsi ed a conquistarsi una vita più libera e civile.
Questa è l’opera della donna che si chiama Maria Rygier e che tutte le donne dovrebbero imitare se davvero intendono riabilitare la leggenda della debolezza femminile, che per lei stessa la compagna nostra ha completamente distrutto.
Gli Anarchici sono orgogliosi di avere Maria Rygier nelle proprie file, e debbono combattere per la sua liberazione. Ma reclamarla sul serio, non con vani sentimentalismi retorici, ma reclamandola alto e forte, in faccia al governo, ai deputati della maggioranza e della minoranza, sul muso addomesticato degli ex sovversivi, alla stampa cittadina che dimentica od approva i giolittiani attentati alla libertà. E dobbiamo pure appellarci all’opinione pubblica fraudolentemente fuorviata dal campo della lotta che une volta era il terreno su cui si ingaggiavano audaci battaglie in difesa delle pubbliche libertà.
Noi non pretendiamo Scarcerare violentemente la compagna nostra. In questi tempi in cui la vigliaccheria è la dose superlativa dell’anima umana, e nel momento in cui un po’ tutti si sono adattati ai dolci tepori del benessere largitoci dal brigante di Dronero, sarebbe assurda cosa armata mano assalire il carcere ove Maria Rygier è rinchiusa, e strapparla a viva forza dalle mani dei carcerieri, onde subito ridonarla alla libertà.
Se fosse possibile lo tenteremmo e lo faremmo. Ma l’esperienza ci fa considerare essere codesta una fallibile impresa che la polizia sventerebbe prima di giungere al suo concretarsi. Non per questo però dobbiamo starcene neghittosi ed assistere impassibili alla lenta agonia del debole — e pur capace di nobili ed audaci propositi — fisico di Maria Rygier. Essa è detenuta come preda della questura la quale accanisce su di lei con tutti i tentativi delle medioevali inquisizioni illudendosi di strappare ad essa nel dolore delle sofferenze fisiche e morali, assurde confessioni per reati immaginari, che esistono soltanto nella mente dei suoi carnefici.
E la sua liberazione dobbiamo quindi affrettarla con comizi, manifestazioni, numeri unici, manifestini, sottoscrizioni, tutto quanto insomma di cui è capace l’entusiasmo nostro per giovare alle sorti della eroina dell’Anarchia.
Saremo capaci di far ciò ? Lo domandiamo al popolo tutto, ai rivoluzionari d’Italia, se non hanno ancora dimenticato la fede nelle idee per cui Maria Rygier combatte e per le quali ora soffre nel carcere.
Nel nome di questa valorosa donna affermiamoci nella piazza, e dimostriamo che gli anarchici ed i rivoluzionari nella piazza, e dimostriamo che gli anarchici es i rivoluzionari non dimenticano le vittime che cadono lungo la via seminata di ostacoli e che conduce alla gloriosa mêta emancipazione dei popoli.
Liberiamo Maria Rygier !
I gruppi comunisti anarchico di Roma
Noi ci associamo volentieri al grido di protesta che da ogni parte d’Italia si eleva contro la scellerata polizia italiana che oscura le gesta infami della polizia papale e borbonica, e rimette in vigore la tortura contro la buona compagna nostra, di null’altra cosa colpevole, che di aver sempre pensato ed agito anarchicamente.
Diciamo la parola « tortura » non per un artificioso sentimentalismo, ma perchè polizia e magistratura ai danni di Maria Rygier stanno compiendo una vera e propria opera di tortura morale onde costringerla a rinunziare all’opera sua rivoluzionaria di tutti i giorni, opera che è il patrimonio continuo della idea nostra che il suo ed il nostro cuore riscalda di entusiasmo nella lotta contro la manomissione della libertà e della giustizia umana.
Assiociandoci alla protesta di tutti gli operai e di tanti pensatori, contro la feroce persecuzione di Maria Rygier noi intendiamo associare anche il grido di protesta in favore della liberazione di tutte le vittime politiche del regno d’Italia.
Nelle carceri stanno ancora molti anarchici e rivoluzionari a scontare la colpa d’aver troppo amato un Ideale. Pensiamo ad essi e facciamo sì che un giorno tutte le vittime politiche italiane vedano alfine spuntare la desiata ora della loro liberazione.Viva le vittime politiche ! Onta e vergogna ai loro carnefici !
L’Alleanza libertaria
Giuseppe Ciaffarri, gerente responsabile
Tip. « Iride »Via Muzio Clementi, 70 a
Pubblicato nell’Alleanza libertaria : contro ogni forma di sfruttamento e di autorità, Roma, n. 127 (20 luglio 1911), p. 4.
[Alleanza anarchica italiana]
[Alleanza anarchica italiana]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[A proposito del colera]
[A proposito del colera]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Abbasso la religione !]
[Abbasso la religione !]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Autodifesa di Ravachol]
[Autodifesa di Ravachol]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Emancipiamo la donna !]
[Emancipiamo la donna !]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[II. Congresso anarchico italiano : Roma, 19-22 settembre 1911]
[II. Congresso anarchico italiano : Roma, 19-22 settembre 1911]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Il censimento laico]
[Il censimento laico]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Il cinquantenario]
[Il cinquantenario]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La feste monarchiche]
[La feste monarchiche]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La Grande conquista !]
[La Grande conquista !]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La morale dei gesuiti]
[La morale dei gesuiti]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[La rivoluzione nel Messico]
[La rivoluzione nel Messico]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191) : PLM (Partido liberal mexicano : 1905-1927), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Lo sfacelo di un partito]
[Lo sfacelo di un partito]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
sources :
[Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier]
[Pro vittime politique et per la liberazione della nostra Maria Rygier]. — Roma Rome : l’ Alleanza libertaria (1908-191), . — 1 affiche (impr. photoméc.) : n. et b. ; 54 × 38 cm.
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